Sabato 25 ottobre è stato assegnato il Premio Noi Insieme 2020, sul tema “Parole, Pensieri ed Emozioni al tempo del coronavirus”:

1° posto: “Il caso” di Marisa Cavalli – AVO BELLANO
2° posto: “Una sera sono venuti a prendermi” di M. Giovanna Domenichini – AVO LUCCA
3° posto: ”Negli occhi di Camilla” di M. Antonietta Puggioni – AVO SASSARI – “Il nuovo condominio” di Simona Bevione – AVO TORINO

Di seguito il racconto di M. Giovanna Domenichini.

 

UNA SERA SONO VENUTI A PORTARMI VIA (di M. Giovanna Domenichini)

Ho avuto una vita piena, ricca di vicende e di emozioni e mi si affollano nella testa ricordi di molte cose brutte e di molte cose belle successe nel corso della mia vita. Durante la guerra ho visto episodi di brutalità, crudeltà, soprusi e violenze ma anche idealismo, spirito di sacrificio, eroico coraggio, solidarietà coi più sfortunati… Sono stata staffetta partigiana, ho sposato un uomo che mi ha voluto molto bene e ora non c’è più, ho perso una figlia bambina ma ho accanto un figlio affettuoso che si prende cura di me; ho sempre avuto discreta salute.
Ormai ho raggiunto una bella età e ultimamente un po’ mi confondo, i ricordi si accavallano o li scambio. Specialmente i ricordi più recenti sono spesso assai incerti.
E ora poi, questa cosa che mi è successa qualche mese fa, questa disavventura paurosa e incredibile alla mia età! Qualche mese fa sono stata rapita, ho un’ansia che mi pesa sul cuore quando mi balzano in mente quei giorni, che ricordo in modo confuso, come una specie di sogno annebbiato, anzi un incubo oscuro nonostante il colore bianco che trionfa su tutto. Nella testa mi riappaiono immagini un po’ sfocate: sono venuti a prendermi una sera, era quasi buio, li intravedo vestiti da astronauti, con le tute che nascondono i capelli, i vestiti e perfino le scarpe, le mani coperte dai guanti e una maschera sul volto che non si sono mai tolta mentre erano con me – mai, mai, neppure per un momento. Mi hanno tenuta sempre in un letto, in una stanza bianca, abbagliante, Damiano non me lo hanno fatto sentire neanche per telefono. Non mi hanno trattato male però nemmeno bene. Non mi hanno mai picchiata, non si sono mai spazientiti ma non mi hanno mai fatta alzare, neanche una volta, neanche per sgranchirmi un po’ le gambe e non mi rammento che mi dessero da mangiare o da bere, niente, venivano e mi facevano delle iniezioni, forse per farmi dormire. Non riuscivo a tenere gli occhi aperti, mi sentivo come paralizzata, mi mancava sempre il fiato, sempre, sempre, quasi non riuscivo a respirare.
Non so quanto sia durata questa prigionia. M’immagino che abbiano chiesto a Damiano un riscatto e lui avrà pagato, anche se vive del suo stipendio. Ricordo vagamente che negli ultimi giorni del rapimento ho cominciato a sentirmi un po’ meno stanca e a respirare meglio, riuscivo un po’ anche a muovermi, forse mi davano droghe più leggere, però dopo tutti quei giorni senza mangiare e senza bere, ho perso il senso del gusto. Ho avuto molta paura mentre ero prigioniera, pensavo che sarei morta e avrebbero nascosto il mio corpo e nessuno avrebbe saputo dove e nessuno sarebbe venuto al mio funerale, anzi, il funerale non me lo avrebbero proprio fatto. Alla fine invece mi hanno lasciata andare. Damiano è riuscito a riportarmi a casa, non ricordo un granché del ritorno, solo che quasi non riconoscevo casa mia ma soprattutto ricordo la gioia di rivederlo, di averlo di nuovo con me.
Ancora oggi mi prende la paura, il terrore che provavo costantemente e che la notte mi ritorna nei sogni. Damiano fa finta di niente, dice che non c’è stato nessun rapimento, cerca di convincermi che sono stata malata, malata di una brutta malattia, una malattia nuova dice lui. È vero che sono ormai vecchia e sempre più confusa, ma davvero pensa che io sia così ingenua da credere che sono solo stata in ospedale? e le maschere? e le tute dentro cui si nascondevano? e lui che non è mai venuto a trovarmi, neanche una volta? No, no, Damiano non mi avrebbe mai abbandonata da sola in un ospedale. No, no, no, è proprio impensabile.
Io lo so che si è inventato la storia dell’ospedale perché ha paura per me, ha paura che il trauma del rapimento sarebbe troppo difficile da superare per una donna della mia età, un po’ squinternata. Lo so che si è inventato la storia dell’ospedale solo perché mi vuole bene e allora anch’io fingo di crederci e dico a tutti che ho avuto una malattia chiamata Covid.