Continua la pubblicazione di articoli che riguardano il volontariato al tempo del Covid-19 e in particolare l’AVO.
Di seguito troverete due pezzi, uno di G. Manzone, storico dirigente Federavo, e P. Crenna, Presidente Federavo dal 2004 al 2010, e un pezzo delle vicepresidente C. Messano.

“…Progetto vuol dire originalità, vuol dire essere innovativo ed anche sperimentale in modo da fornire un modello valido. Qual è per il volontariato il terreno su cui progettare ?
Sono le nuove povertà, il mondo evolve verso il bene, ma nella sua evoluzione crea sempre delle sacche di povertà, di diverso tipo. Per rimanere nel campo della salute, che è quello di cui ci interessiamo, possiamo parlare di cure palliative, di anziani, ecc. cioè di tutte quelle forme che non sono capaci di “rendere” in una visione di mercato. Pensate al campo della psichiatria, del deficit cognitivo.
Queste nuove povertà hanno in comune una caratteristica, da tener presente: non si tratta del solo individuo, ma sono situazioni che coinvolgono l’intera famiglia, alla quale queste nuove povertà sono accollate pressoché “in toto”: è un terreno vastissimo che richiede studio, preparazione e sacrificio…”
Erminio Longhini
Intervento a Padova, 24/11/2007, “Dopo Pivot”

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L’AVO OGGI E DOMANI: BREVI RIFLESSIONI (Pierluigi CRENNA e Giuseppe MANZONE)

Aderendo alla richiesta dalla redazione di “Noi insieme”, nella speranza di poter dare ancora un piccolo contributo alla nostra grande Organizzazione, la quale ha assorbito una gran parte della nostra vita, ci permettiamo di ripercorrere un pezzo della sua storia : il ricordo della sua nascita e degli obiettivi che ci guidarono. Fino ad oggi e con uno sguardo al futuro prossimo. E soprattutto, cosa si potrebbe fare per immaginare quale strada percorrere dopo la devastante pandemia che, si è abbattuta in tutto il mondo, mettendo a durissima prova proprio il sistema sanitario e, quindi, anche la nostra stessa esistenza sia personale sia come Associazione. Che volenti o non, sta creando uno spartiacque tra il passato ed il futuro che non si sa ancora come sarà, ma certamente non più come prima.

Dalla sua nascita  la Federavo ha dovuto inevitabilmente adattarsi all’evolvere della società, dalle normative nazionali e territoriali, al mutare dell’organizzazione sanitaria, dalle politiche alle prassi, dal mutare delle strutture di riferimento a quello dei ruoli della funzione pubblica e più in generale del nuovo approccio verso gli ammalati e degli ammalati e parenti verso la sanità. Senza contare come in molte regioni andava affermandosi la sanità privata con la quale ci si è dovuti confrontare, non solo nei presidi ospedalieri, ma soprattutto nelle case di cura e nelle RSA che hanno avuto una crescita esponenziale con l’invecchiamento della popolazione.

Non è nostra intenzione ripercorrere i vari passaggi legislativi sia per quanto afferente alla sanità pubblica sia per gli interventi che riguardano il volontariato, intervenuti negli anni dalla nascita dell’AVO, fino ad oggi, che peraltro sono facilmente rintracciabili da chi è interessato agli argomenti.

Ci permettiamo di fare solo un cenno – perché altrimenti meriterebbe un trattato – alla ultima regolamentazione del cosiddetto Terzo Settore – peraltro ancora in fase di ultimazione per quanto riguarda alcuni passaggi normativi fondamentali di cui mancano ancora i decreti attuativi –  che, nonostante le belle parole espresse in qualche punto a riguardo del volontariato, per quanto si è potuto constatare finora, lo stesso non c’entra nulla con le imprese sociali, le cooperative, le varie altre organizzazioni (comprese alcune grandi associazioni che si fregiano del titolo di volontari, ma dove gli addetti sono stipendiati). Di fatto il volontariato vero, cioè quello che svolge il servizio in maniera gratuita, competente, organizzata – come si è visto anche recentemente – è stato depotenziato, in definitiva si è cercato di infilarlo tra gli altri soggetti, e meno male che esistono, ma che però hanno altre finalità e altre motivazioni.

Venendo all’oggi, dobbiamo considerare che per molti anni l’AVO ha prestato la propria opera prevalentemente negli ospedali, passando dai reparti, all’accoglienza, ai pronto soccorso ecc. Piano piano si è poi allargata alle case di cura e alle RSA, e solo abbastanza recentemente in altri ambiti specifici: malati mentali, hospice, riabilitazioni per arrivare – specie nelle AVO piccole – al territorio. Con l’avvento del Covid 19 tutte le carte sono state rimescolate, nel senso che questa pandemia, di fatto, ci ha privato di poter svolgere il servizio negli ambiti abituali, con la conseguente quasi completa sospensione dell’attività. Tutti sappiamo come sia praticamente impossibile entrare in un ospedale o in una RSA. L’accesso è stato vietato per lunghi mesi anche ai familiari più stretti.

Il problema più grave deriva dall’incertezza di quanto tempo durerà questa situazione: alcuni prevedono tempi biblici, altri relativamente brevi ma, a voler fare previsioni con le informazioni attualmente disponibili, si può stimare che prima di poter nuovamente accedere alle strutture di degenza occorrerà comunque un arco temporale abbastanza lungo, anche se qualcuno afferma che dovremo conviverci per anni, anche quando sarà disponibile il vaccino, per una serie di motivi che si prospettano, ma non esprimiamo perché ancora troppo ipotetici.

Che fare dunque per far sì che i volontari non si estinguano per inazione, perché trovano altre occupazioni, perché vengano assorbiti da altre priorità, e tanti altri motivi?

A nostro parere – senza avere la presunzione di possedere la ricetta risolutrice, ma anzi con la consapevolezza che ogni cambiamento comporta fatica, cambio di mentalità e tanta voglia di buttarsi in una nuova sfida – occorre riconsiderare l’importanza del territorio, troppe volte già citato nel pensare al nostro futuro, ma non avendo mai affrontato strutturalmente il problema, tranne come si diceva, che in qualche AVO piccola che ha la conoscenza puntuale delle situazioni di dove vive e dell’ambiente al contorno. Siamo consapevoli di quanta immaginazione ha dispiegato la Presidenza Federavo, di quante iniziative sono state intraprese e dai Presidenti regionali e dalle singole Avo, ma sono interventi o progetti sporadici o sperimentali, che invece, per essere efficaci devono diventare patrimonio comune di tutti.

Quindi, volendo tracciare un percorso si dovrebbe iniziare da dove abbiamo cessato, cioè dalle strutture di cura e degenza. Riprendere i contatti con i vertici degli ospedali/case di riposo presentando un progetto chiaro di cosa si vuol fare sul territorio e chiedendo loro di indicarci i nominativi di chi vuole essere contattato al domicilio dopo la parentesi ospedaliera dell’acuzie. Quindi tenere i rapporti con le assistenti sociali delle strutture e secondo criteri legati all’età, alla composizione familiare, allo stato sociale, e altri criteri di adeguatezza e sicurezza da stabilirsi insieme. A seguire occorre prendere contatti con il territorio: comune, circoscrizione, quartiere, ASL di competenza ecc. cercando di concordare le forme di collaborazione per stipulare il documento operativo. Occorre tener presente che spesso sul territorio ci sono di solito già altre realtà operanti come cooperative, parrocchie, centri anziani, centri d’ascolto, associazioni varie ecc. Niente paura, i bisogni sono assolutamente superiori alle forze in campo e c’è spazio per ulteriori soggetti, quindi si cercherà di avviare e tenere rapporti con le realtà già presenti.

Naturalmente a monte dovrà esserci una ridefinizione del nostro ruolo, tramite formazione mirata, mettendo in campo forme di servizio opportunamente tarato in base alle necessità: telefonate periodiche, visite domiciliari per compagnia, piccole commissioni, acquisto farmaci, accompagnamento a medici di famiglia, ecc. sempre con le opportune cautele sia assicurative sia a salvaguardia della salute dei volontari secondo le disposizioni nazionali e locali. In attesa di poter ANCHE riprendere l’attività nelle strutture, dove sarà più facile individuare le persone desiderose di proseguire nel contatto con i volontari anche quando ritornano al domicilio.

Per dirla in termini schematici la pandemia  sta provocando, inevitabilmente, problemi  difficili  e estremamente complessi anche per l’organizzazione e l’attività delle Associazioni di Volontariato.

Anche l’AVO in questo evento epocale, a seguito al divieto di frequentare ospedali e strutture di ricovero, si trova di fronte a scelte  e decisioni che possono incidere o determinare sugli aspetti di  sviluppo o addirittura di sopravvivenza della vita associativa.

E’ importante, in proposito, richiamare la nostra attenzione sul principio della “attualità di presenza” che ha sempre caratterizzato il cammino dell’AVO.

Certo oggi ci si trova in situazioni eccezionali e diventa difficilissimo interpretare un diverso contesto in una realtà in continua e rapida evoluzione con la difficoltà di ipotizzare future ipotesi di prospettiva.

Nonostante tutto però  non può essere eluso l’impegno nell’ assicurare “l’attualità  di presenza” dell’AVO.

E’ un principio che rappresenta da sempre e comunque  un Dovere, un Obiettivo, una Responsabilità per assicurare risposte, pur con la gradualità consentita da limiti e condizionamenti  determinati dalla pandemia.

Il nostro Statuto prevede già la possibilità di svolgere attività sul territorio che, al momento attuale, rappresenta l’unico campo di azione.

L’eccezionalità delle situazione potrebbe suggerire una più articolata formulazione che preveda la presenza operativa AVO a fronte delle necessità del territorio. Questo aggiornamento di Statuto potrebbe essere fatto in occasione dell’adeguamento previsto per il Terzo Settore.

Dovrebbe seguire un piano operativo in funzione anche delle iniziative AVO già esistenti. Il piano dovrà sviluppare possibili nuove attività di presenza e servizio e, è importante, sia corredato di linee guida che meglio possano orientare e guidare le singole AVO nella loro presenza sul territorio

Per la  elaborazione e definizione di questo piano operativo è opportuno  e importante vengano coinvolti i Presidenti Regionali, che hanno il polso della situazione locale, anche per proporre un nuovo modello di formazione che consideri il nuovo sviluppo dell’AVO sul  territorio e consideri pure  gli aspetti assicurativi  riferiti  alla nuova presenza e alle nuove operatività territoriali.

Iniziative di formazione aperte anche agli esterni per informare e anche per avere eventualmente nuove adesioni  all’AVO.

Il vaccino o altre cure, alla fine, ci libereranno dal virus Covid 19 e l’AVO ritornerà a svolgere, seppure con modalità diverse, il suo ruolo nelle strutture di ricovero  garantendo sempre una presenza qualificata e attesa. Con il valore aggiunto di una presenza più ampia e capillare anche dove gli ammalati vivono effettivamente, dopo il periodo dell’acuzie trascorso in struttura, e cioè nelle loro abitazioni, che spesso non garantiscono dall’altro virus, molto diffuso, della solitudine.

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A PROPOSITO DELL’INTERVENTO DI CRENNA E MANZONE, QUALCHE RIFLESSIONE (Carla MESSANO)

Le considerazioni espresse nel loro intervento da Pierluigi Crenna e Giuseppe Manzone, a mio parere, sono assolutamente condivisibili ed anzi le vorrei considerare un ottimo spunto per avviare una ampia e stimolante raccolta di opinioni e suggerimenti all’interno del mondo Avo. Ho trovato il loro intervento molto positivo, perché rappresenta un coinvolgimento ancora fortemente proposito da parte di persone che hanno avuto, in passato, un ruolo importante e determinante all’interno della nostra organizzazione.

Tralasciando tutte le considerazioni sul passato, recente o meno, della nostra Associazione e sui problemi creati dalla crisi sanitaria in atto, sulle quali siamo pienamente d’accordo, vorrei riprendere l’aspetto che più sta a cuore a tutti noi: il futuro del nostro volontariato.

L’Avo esiste e continuerà ad esistere (su questo non ho dubbi) ma, come ha già accaduto in passato, deve adeguarsi alle situazioni in atto e mai come in questo momento, con una pandemia sanitaria della quale non si riesce ancora a vedere l’evoluzione, deve farlo velocemente.

I cambiamenti in realtà richiedono tempo, soprattutto in una associazione grande come la nostra ma questa volta la situazione non ci da tempo.

Dapprima è stato necessario dare uno stop alle nostre attività di volontariato, sia per una giusta tutela verso tutti sia per le decisioni delle direzioni sanitarie cui facevamo riferimento. Questo è stato un momento di disorientamento e di paura, come persone e come volontari, di domande e di congetture sul futuro. Alcuni di noi hanno poi ricominciato delle attività, anche all’interno degli ospedali e delle strutture socio-sanitarie, magari non le stesse del pre-covid, ma hanno ripreso con coraggio. Altre nostre realtà invece sono ancora ferme, un po’ per timore e un po’ per la convinzione che la soluzione verrà dall’evolversi della situazione sanitaria. Ma non è così: la soluzione non verrà dall’esterno.

Abbiamo passato anni, decine di anni, a costruire buone relazioni con le Direzioni Sanitarie e ora abbiamo il timore che questo venga vanificato dagli impedimenti che ci vengono dalla pandemia ma non è così: è proprio da queste buone relazioni e dalla stima verso il nostro modo di essere volontari che dobbiamo ripartire: quindi attraverso le Direzioni Sanitarie arrivare ai Distretti Sanitari, alle Asl, agli Enti e alle Reti Associative locali, che possono introdurci a bisogni e fragilità più diffuse e che noi non conosciamo.

E’ vero, il volontariato Avo fino ad oggi non è stato strutturato per il territorio, il “fuori” delle strutture socio-sanitarie (tutte incluse, ospedali, rsa, psichiatria, malati terminali, domicilio…) perché doveva far fronte ad impegni sufficienti e quindi non aveva questa necessità.

Ma cosa significa strutturarsi? Come ci si struttura in così poco tempo? L’unico modo è quello di ampliare il nostro orizzonte mentale, senza timori,  e lavorare sempre più in rete con associazioni che operano già sul territorio da tempo e che sono strutturate per fare questo (come noi nella sanità) ed assimilare le loro modalità operative.

Lavorare in rete, come d’altra parte fanno già diverse Avo sul territorio, non significa rischiare la propria identità Avo, anzi…In rete ognuno porta la propria identità specifica, in una somma virtuosa di realtà diverse e complementari. Mia convinzione è che la nostra missione, fortemente connotata dalla relazione umana a sostegno dei più fragili, deve rimanere la stessa e anzi consolidarsi: dobbiamo solo unirci a vettori che ci consentano di rimodulare il nostro modo di espletarla.  D’altra parte lo Statuto della nostra associazione, nella sua forma attuale, non è di alcun impedimento a questo tipo di operatività.

Iniziamo quindi a muoverci con coraggio sui territori, cominciando ad individuare, nelle diversità locali, dove è utile e possibile operare, tenendo sempre saldi i nostri valori e la nostra missione. Come è stato già fatto in passato, le prassi partirannno proprio dalle esperienze sul territorio, diventeranno sicuramente patrimonio comune e verranno definitivamente tradotte da Federavo in modalità operative uniformi.

In tutto questo certamente Federavo fungerà da riferimento e supporto per gestire le nuove esperienze ma soprattutto continuerà a lavorare, come sta già facendo, per ampliare la formazione e per tradurre le nuove esigenze in linee guida utili per la realtà che si va delineando, sempre al fianco delle Avo.