Il 18 luglio 1980 nacque la Federavo; 40 anni di storia.
Ricordiamo la sua nascita attraverso le parole del fondatore dell’AVO, Erminio Longhini
In effetti l’AVO continuava a stupirmi per la sua prolificità anche oltre i confini della Lombardia: giungevano richieste di informazioni e di adesione da ogni parte d’Italia, anche se non ricordo quali e quante associazioni nacquero nel solco delle prime, fino al 1980. Mi vengono in mente Savona, Firenze, Napoli, Castelvetrano, Padova…
Ma ne mancano certamente molte altre. Bisognava dare risposta a tante domande, erogare linee guida, offrire collaborazione per corsi di formazione, fornire chiarimenti sullo statuto.
Noi non avevamo un numero di persone sufficiente a gestire i rapporti con tante AVO, nate in territori molto diversi, come diverse erano le condizioni del contesto in cui dovevano operare. Dunque, era arrivato il momento di passare dall’idea di mettere i mattoni in un ordine funzionale a una prospettiva progettuale più ampia. Ne parlai con l’amico avvocato Goffredo Grassani e in poche battute concordammo sull’esigenza di costituire un’associazione di coordinamento nazionale, sotto forma di federazione fra associazioni indipendenti. Trovare il nome fu la parte più facile: Federavo, anche se per dare la possibilità di aderire anche ad altre associazioni, fu decisa la denominazione ampia e generica di «Federazione tra le associazioni di volontariato sanitario». Dunque ci ritrovammo con Goffredo ancora una volta nello studio del notaio Moretti per costituire la Federazione, promossa dall’Associazione Fondatori Corpo Volontari Milano, dalle AVO di Sesto San Giovanni, Castelvetrano, Savona, Genova e dall’Associazione Fondatori Corpo Volontari nazionale che fu costituita nella stessa sede della quale mi fu assegnata la presidenza.
Nella costituzione della Federavo fui eletto per acclamazione presidente con Erminio Ermini vicepresidente e Pierluigi Crenna segretario. Era il 18 luglio 1980 e quell’atto fu un regalo per il mio compleanno che cadeva il giorno dopo. Purtroppo Ermini morì prematuramente e fu una grave perdita: con lui veniva meno una figura di riferimento solida e ovunque molto stimata. Ho visto la nascita della Federazione come la vera unità dell’AVO, che in questo modo è diventata il risultato dell’apporto di tutti gli associati: se soltanto uno si sentisse escluso, l’AVO sarebbe diversa e incompleta.
Proprio l’esperienza unificante della Federavo mi fece sorgere l’idea dei convegni nazionali, con scopi precisi: favorire la comunicazione diretta fra gli associati; offrire l’occasione per imbastire rapporti cordiali grazie alla possibilità di guardarsi in volto; condividere sapere e metodologie operative collaudate; consolidare le amicizie per arrivare alla stima e all’amore per gli altri.
Nacque così il primo convegno organizzato dalla Federavo a Milano, nello spirito di un incontro fra tanti amici che accoglievano entusiasticamente i nuovi arrivati. Negli anni successivi, i partecipanti divennero sempre più numerosi e le manifestazioni assunsero il taglio del vero congresso. Furono eventi di grande interesse, in cui ogni volta potevo ribadire e articolare in differenti prospettive le intuizioni delle origini e i concetti basilari che hanno scolpito la fisionomia ideale dell’AVO. A distanza di tre decenni, sono ancora convinto che la Federavo sia il motore di tutto, ma che debba avere a cuore anche la custodia della storia e della tradizione dell’AVO, soggette ad aggiornamenti e attualizzazioni, non possono e non devono essere disperse. Questo è il compito e il dovere principale della Federavo, nella quale sono chiamati a impegnarsi pariteticamente tutti coloro che hanno a cuore l’AVO e i suoi destini.
Ancora oggi mi sento di dare alcune raccomandazioni a coloro che si succederanno alla guida della Federazione:
– mai dimenticare la preoccupazione per il prossimo, ovunque sia e chiunque sia;
– l’organizzazione è un bene essenziale; guai se dovesse perdere o ignorare il carisma iniziale;
– conservare il patrimonio di esperienza, di competenza, di prestigio, accumulato con il sacrificio di tanti, e prepararsi per un futuro sempre più impegnativo e completante: questo è il criterio per assicurare lunga vita all’AVO.
Fin dall’inizio avevo immaginato che lo scopo principale della nuova struttura fosse il mettere in comune ogni conquista, ogni progresso, nello spirito della condivisione fraterna. Ho voluto fortemente la Federavo per tenere unite le nostre associazioni, perché l’unità è via, vita, verità.
Senza unità non si ha lunga vita e non c’è la ricerca della verità, perché ciascuno si irrigidisce nel proprio modo di pensare. E di nuovo: non c’è la vita. In definitiva, questa Federazione, per come l’avevo immaginata, aveva in sé la caratteristica di un organo a servizio dell’unità, e non di un organo di comando.
Da “Il Patto che mi cambiò la vita” di Erminio Longhini, Autobiografia del medico che ha fondato l’Associazione Volontari Ospedalieri (AVO), a cura di Claudio Lodoli.
Edizioni Paoline