Viaggiando per mare, se la nave ormeggia e tu scendi per attingere acqua, lungo la strada potrà anche capitare di raccogliere una conchiglia o una radice, ma la tua attenzione deve essere sempre volta alla nave. Voltati continuamente indietro, per vedere se il timoniere ti chiama, lascia perdere tutto, se non vuoi che ti trascinino sulla nave legato come una pecora. Così nella vita, se non avrai conchiglie e radici, potrai avere moglie e figlio, e nulla t’impedirà di avere la tua famigliola. Ma, se il timoniere ti chiama, lascia perdere tutto, e corri alla nave senza nemmeno voltarti indietro. E quando sarai vecchio, non ti allontanare troppo dalla nave, in modo da non mancare quando verrai chiamato (Epitteto, Manuale, 7)
Credo che stiamo vivendo un momento della nostra storia mai sperimentato prima. L’interconnessione tecnologica ha, in parte, imbarbarito le relazioni sociali permettendoci di interloquire tra noi in maniera assai spesso banale se non triviale (e non è solo questione di parolacce), ma soprattutto ci ha spinto ad accusare con rabbia e livore chi non condivide la nostra ideologia e a contestare con alterigia e supponenza tutto ciò che nella nostra situazione ci crea fastidio, insofferenza e repulsione. Ciò può, forse, derivare anche dal fatto che la stragrande maggioranza dei viventi, essendo nata dopo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 10/12/1948, ritiene che la collettività, prima di tutto, deve darsi da fare per rispettare i diritti e i ruoli sociali degli individui visto che la stessa Dichiarazione ribadisce nel suo primo articolo: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Non voglio lanciare slogan o crociate, ma neanche rimanere in superfice ed evitare di misurarmi con temi essenziali per la crescita umana della nostra civiltà occidentale spesso opulenta, consumista e sprecona che, illudendosi di essere saggia, fa di tutto per dimenticare che l’uomo nell’abbondanza non comprende. Infatti, se leggiamo bene l’articolo della Dichiarazione, ci accorgiamo che le enunciazioni di principio iniziali si concludono con un impegno e con un dovere a cui non possiamo sottrarci, ci piaccia o no. Quale impegno-dovere? Eccolo: tutti gli esseri umani… devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fraternità. Ognuno di noi, cioè, deve contribuire a costruire la società, cominciando, prima di tutto e con sincerità, col verificare quanta voglia di fraternità si è disposti a manifestare con le miriadi di parole e immagini dette o postate e con i continui giudizi razzisti e le relative condanne irripetibili lanciate nell’universo mediatico. Se, infatti, non riconosco e non metto in pratica quest’ultima parte dell’articolo (che è un dovere) non posso pretendere che gli altri riconoscano come miei sacrosanti diritti, i valori espressi nella prima parte dell’articolo (che sono solo enunciazioni di principi). Insomma quest’articolo mi assicura che io sono libero, sono uguale agli altri in dignità e diritti, sono dotato di ragione e di coscienza, certo, ma mi ricorda altrettanto chiaramente che eticamente posso pretendere il riconoscimento dei miei diritti solo se faccio mio il dovere di agire nei confronti degli altri in spirito di fratellanza.
Ho fatto questa ampia introduzione perché sento ripetere giustamente da più parti che la pandemia che stiamo vivendo è un’opportunità per riflettere, un’occasione da non perdere, un kairos, una grazia da non sottovalutare. Ne sono convinto, anche se mi fanno paura tutte le parole che rimangono tali e non si traducono al più presto in comportamenti concreti, conseguenti e coerenti. In questo periodo mi sono riletto i quattro vangeli e ho sottolineato tutte le frasi che non ricordavo bene. E’ stata una meravigliosa sorpresa perché le parole di Gesù non sono per nulla avvizzite nel tempo, ma continuano ad essere vive, attuali e illuminanti. Alla loro luce ho voluto specchiarmi e alla forza trasmessa dal Maestro ho voluto abbeverarmi, proprio per non rendere vani questi mesi di lockdown, ma farli diventare un cammino da intraprendere e una meta da raggiungere.
Naturalmente quello che ora dirò è del tutto soggettivo e riguarda solo le mie riflessioni stimolate dalla lettura del Vangelo e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Mi permetto di condividere con chi legge questi miei ragionamenti perché mi pare possano essere un’opportunità per potenziare lo spirito di fraternità, l’unico valore di cui la Terra avrà sempre bisogno. Quello che scrivo è solo un pensiero soggettivo e limitato, non un proclama da inviare al mondo; è un timido suggerimento per ritornare alle radici, non una via obbligatoria da seguire; è una gioiosa riscoperta di ciò che tutti sanno già, non un ulteriore esternazione contro qualcuno.
Rimanere umani a qualsiasi costo è il nostro compito, ma è anche il sogno di tutti. Chi non sogna che la propria madre anziana sia presa in cura da una RSA gestita da persone che mettano al primo posto l’umanità? E chi non si augura che il proprio adorabile nipotino frequenti una Scuola Materna dove tutti lo trattino secondo la frase di Giovenale (Satire, XIV, 47) Maxima debetur puero reverentia che significa Al fanciullo si deve il massimo rispetto? E potrei, naturalmente, continuare all’infinito.
Mi auguro che questa pandemia ci faccia rimanere umani perché non ci sono alternative e perché, prima o poi, se non testimoniamo con coraggio l’impegno a riempire di umanità la terra, questo mondo si impoverirà e tutti ne subiremo le disumane conseguenze, come sta già avvenendo in tanti paesi sfruttati dall’ingordigia dei paesi occidentali, che pur sono stragrande maggioranza cristiana.
Spero che le situazioni incresciose che il corona virus ha creato, mi aiutino a rimanere saldo sui due valori di riferimento che mi hanno sostenuto fin da giovane: la testimonianza di Gesù e lo studio appassionato della storia. La prima perché Gesù e la sua umanità sono la risposta più completa ed esaustiva per comprendere, accettare e valorizzare l’esperienza terrestre che sto facendo. Chi scopre davvero la sua umanità e non si perde dietro i ritualismi, i dogmatismi e i tradizionalismi di maniera impara come prendere le distanze dagli orpelli e dai pregiudizi, dalle paure e dai carrierismi, dalle vendette e dalla auri sacra fames (la miserabile fame dell’oro, Eneide, 3. 56-57).
Il secondo perché studiare la storia significa incontrare il reale e non l’illusorio, significa immergersi nella propria e altrui umanità, ben consapevoli della propria più o meno evidente disumanità; significa riflettere sulle sofferenze umane e sulle tragedie che incombono su tutti, buoni e cattivi, piccoli e grandi, ricchi e poveri. Significa vivere con gli occhi e le orecchie bene aperti per non perdere l’occasione di imparare dal passato e per non ripetere gli stessi errori nel presente e nel futuro. Significa imparare a vivere semplici come le colombe, ma prudenti come serpenti.
Anche come prete voglio dedicarmi a parlare di Gesù e a citare continuamente la storia per illuminare l’oggi, non per giudicare il passato. Voglio far capire che seguire i passi di Gesù non vuol dire rinunciare a qualcosa, ma dare invece un senso pieno a ciò che è essenziale nella vita, cioè la solidarietà e la compassione. Sono sempre più convinto che gli insegnamenti di Gesù fanno parte del suo sogno di riuscire a convincerci non su quali riti seguire o quali nemici scomunicare, quali teorie combattere o quali privilegi conservare, ma su come si deve stare su questa terra, quali valori salvare, quali mete raggiungere: cioè impegnarsi a stare insieme come figli e fratelli, assumere in prima persona il compito di salvare soprattutto il valore misericordia… in attesa della sua venuta.
Per rimanere sul concreto, due mesi fa avevo fatto un patto con me stesso e mi ero scritto un decalogo da seguire, proprio per non svolazzare con le teorie e accontentarmi di individuare solo il male negli altri e non in me stesso. L’ho ripreso e ve lo propongo perché mi aiutiate a metterlo in pratica e mi contestiate quando non sono coerente con ciò cui credo doveroso attenermi. Eccolo:
- Pagare subito i debiti
- Non sprecare cibo
- Non bere alcool
- Salvaguardare sempre la dignità delle donne
- Rispettare i patti
- In una conversazione non interrompere l’altro
- Non torturare mai nessuno né fisicamente, né psicologicamente
- Non fare domani ciò che devo fare oggi
- Non parlare male degli assenti
- Imparare a non giustificarmi
E quando sarai vecchio, non ti allontanare troppo dalla nave, in modo da non mancare quando verrai chiamato, mi ha ricordato Epitteto (I secolo dopo Cristo). Mi impegno a farne tesoro. Del resto la vita è stata davvero prodiga con me e ora, a 75 anni, sento che non mi devo allontanare troppo dalla nave perché la chiamata può arrivare nelle forme più svariate e inaspettate. Il corona virus mi ha reso ancora più cosciente della meravigliosa verità di una frase di Gesù (Luca 9,49): Chi è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande. Mi impegno a farne tesoro, mentre aspetto con serenità la chiamata del Maestro perché, quando mi chiamerà, sono certo, mi inonderà di Infinito…