Una domenica ai tempi del Covid-19 (Cristina Birago)

E’ domenica, una domenica senza rumori, straniante, come gli ultimi giorni e i prossimi.
Non credevamo potesse capitare a noi, occidentali, abbastanza ricchi e un po’cicale.  Le pesti, le carestie, quelle terribili foto di piccoli scheletrici bambini neri con occhi immensi e sopra impresso il numero a cui inviare denaro… un altro mondo, lontano, e poi … dove vanno a finire i miei soldi? Un altro mondo, che non ci appartiene se non per il tempo di girare canale.

Anche ai primi tg che ci facevano vedere scene viste solo nei film americani anni 80, in Cina, è lontana la Cina… e poi, si sa, ti fanno vedere solo quello che vogliono. I ragazzi di Tienamnen che fine hanno fatto? Spariti, inghiottiti dal telegiornale. La Cina sembrava così lontana e non come diceva non ricordo chi “la Cina è vicina”. A noi non poteva capitare, pronti per la settimana bianca, il Carnevale.

Per fortuna il festival di Sanremo han fatto a tempo a farlo, se no falliva anche Sanremo.
Non poteva arrivare qui. Nella nostra vita regolare, con i nostri riti quotidiani. Abbiamo fatto finta di essere altrove, abbiamo ascoltato i primi che ci allertavano quasi con il fastidio della superiorità e con un certo scherno per gli amici paurosi.

Ma sì… si sa che lei è sempre stata pessimista, ma sì … ci dicono quello che vogliono, sarà per fare cadere la Borsa. E poi … non hai sentito che nessuno si preoccupa in Europa? Noi siamo sempre i soliti italiani passionali con le sceneggiate alla Merola.

 

Poi, da un giorno all’altro, proprio proprio sbagliato non è sembrato più, ma ancora incontrando qualcuno con la mascherina abbiamo scherzato delle paure irrazionali e esagerate. Mica si può rinunciare alla propria vita, no? Certo, cautela, non andiamo per negozi (cosa sono adesso i negozi?), non baciamo l’amico incontrato per strada (ma vergognandoci un po’ e ridendoci su insieme), al ristorante il sabato sera … ma sì… tanto cosa vuoi che succeda?

Seduti al tavolo, mica uno sull’altro no?

Poi da un altro giorno a un altro giorno tutto si è fermato. Siamo come quei cinesi là, così lontani sembravano … Certo, ci abbiamo messo un po’ di più a capire che stiamo vivendo un dramma epocale, certo laggiù forse hanno usato mezzi più convincenti per fermare la loro vita. A noi l’hanno detto un po’per volta e l’abbiamo capito un po’ per volta, come le cicale. E adesso è domenica, la prima o la seconda, non ricordo più, si perde il senso del tempo, si dilata e i giorni sono tutti uguali. Si cerca di mettere dei paletti giornalieri che diano un senso. Si cercano le persone lontane per sapere cosa fanno, come stanno, come va. E ti dicono, gli diciamo grazie di aver pensato a me. Che sono solo, che ho paura, che non so a chi venderò le cose del mio negozio, che ho i figli lontani e meno male c’è Skype, che non ho nessuno, che sono in ospedale per un’altra cosa ma non ci voglio stare qui da solo, che sono abituato a correre e non posso, che mi hanno tolto tutto. Domenica ma domani ancora e martedì ancora, aspettando ogni sera che il tg dica che un pochino di luce si comincia a vedere. Io non conto i morti, non faccio i grafici dell’andamento dei contagi, interrompo ogni tanto il flusso inarrestabile dei messaggi che tutti usiamo per comunicare (benedetto e maledetto whatsapp), cose commoventi e proclami assurdi e tante vignette divertenti che alleggeriscono il piombo dei giorni dell’assenza di tutto. Aspetto, non si può che aspettare, usando i mezzi che non si credeva di avere, credendo che domani le cose saranno diverse. Quando tutto sarà finito, perché finirà, stiamo dicendoci che saremo migliori, perché sarà un po’come aver raggiunto un’isola da naufraghi, dandosi una mano. Bello dirlo, chissà se lo faremo, ci ricorderemo per molto tempo della primavera 2020 ma credo che in breve saremo di nuovo cicale. Un po’ più povere ma cicale. In fondo le cicale se le formiche sono generose vivono più felici e spensierate.

Sono una volontaria ospedaliera dell’AVO… noi andiamo in Ospedale, portiamo un sorriso e un po’ di compagnia a chi è solo, triste, spaventato, a chi aspetta che passi il tempo per tornare alla sua vita, e adesso? Sappiamo che per qualcuno il contatto con noi, con la vita fuori, è la salvezza, è il modo per restare attaccati al mondo. Le persone anziane hanno bisogno di sapere che giorno è e che ora è. Ma non possiamo esserci adesso.

Per la sicurezza di tutti aspettiamo che passi la tempesta imperfetta che ha fermato tutto ma il nostro pensiero è forte e ci mancano la mano tesa, gli occhi, le parole, le storie e anche i “grazie”. Torneremo il più presto possibile perché quello che fa bene a loro fa bene anche a noi.

È sempre domenica… un po’ più tardi di quando ho iniziato a scrivere.

Cristina Birago – AVO Varese