Premio Noi Insieme 2019 “Cammini” – il Racconto di Hayat Zaoui

Sabato 18 maggio è stato assegnato il Premio Noi Insieme 2019 per la Sezione Racconti:

1° posto: “Camminare per rinascere” di Hayat Zaoui – AVO MIRANDOLA
2° posto: “Condividere per crescere” di Cristina Birago – AVO VARESE
3° posto: ”Ogni vita è un cammino” di Roberta Giuliani – AVO MORTARA – “I si che tracciano cammini” di Bianca Serino – AVO CASERTA

Di seguito il racconto di Hayat Zaoui, classificato al 1° posto.

CAMMINARE PER RINASCERE (di Hayat Zaoui)

La vita è un lungo cammino, diverso per ciascuno. Ti sembra di sceglierlo. In realtà è stato creato per te dal destino, come un abito che devi indossare adattandoti alle sue forme.

Mi guardo anni fa: alle assemblee del liceo facevo progetti e discorsi affinché ciascuno potesse vivere nella propria terra, protagonista nella propria società. Poi mi guardo adesso, dove sono, gli anni che ho vissuto lontano dalla mia terra. E mi rendo conto del ruolo fondamentale del destino.

Vivere lontano dai tuoi cari, da chi ormai aspetta solo di risentire la tua voce, rivedere il tuo viso. Non è facile svegliarti al mattino e non trovarli. Esci per socializzare ma sei sordomuto. Ecco il silenzio. Prenditelo! Quanto ne vuoi? L’unica cosa che conoscevo e di cui ero sicura era l’amore di mio marito, con cui costruire una vita insieme: di questo lo ringrazierò sempre.

Nella solitudine le prime luci. Maura, la vicina di casa, che ogni giorno chiede se sto bene: non conosco l’italiano ma mi arriva lo stesso il senso di vicinanza materna che mi trasmette. Maria che mi invita di pomeriggio nel suo giardino, lei a lavorare la maglia ed io a guardarla e sentire i suoi discorsi, senza capirli, ma contenta della sua presenza. Umanità, sincerità, sensibilità, rispetto, ordine, opportunità di lavorare, di realizzarsi e avere un futuro: erano i primi valori che mi toccavano in Italia e che ho augurato sempre alla mia terra di raggiungere.

Quanti anni ho vissuto tutta dedita solo alla famiglia e a crescere le miei figlie! Le assemblee di scuola, una gita con la classe, la spesa, le visite dal pediatra e dal medico, l’ascolto dei racconti di mio marito e delle mie bimbe: le finestre da cui mi avvicinavo alla società italiana. Ma quella studentessa attiva al liceo, che sposava l’idea che la donna dovesse realizzarsi nella società, dove era finita? A cosa avevo rinunciato? Quella voce che avevo reso muta per tanto tempo, si faceva sentire sempre più forte dentro di me. L’idea e la voglia di intraprendere un nuovo percorso, di realizzare la mia crescita personale: sentirmi viva e non in una casa marocchina collocata in Italia.

Terremoto dentro di me, terremoto fuori di me. Il mio travaglio interiore corrispondeva al momento difficile che attraversava la cittadinanza mirandolese scossa dal sisma del Maggio 2012. Sentire che la terra non ci sostiene, sentirsi alla fine di un percorso e all’inizio di un altro non previsto, insicuro, difficile da programmare e accettare, ma da intraprendere per rimanere vivi. Il coraggio, la tenacia per continuare a camminare.

In mezzo alle enormi difficoltà mi hanno colpito i volontari sempre pronti e disponibili a dare una mano. Gentilezza e cortesia, collaborazione e desiderio di offrire un po’ di tranquillità e serenità, di seminare la speranza e il coraggio che sembravano introvabili in quel momento. Sarei stata contenta di essere utile, di dare un contributo alla comunità che aveva accolto me e la mia famiglia. Era un senso di fedeltà verso questa terra. E una buona azione a cui ha sempre invitato la mia religione. Le buone azioni non hanno razza, non hanno un colore se non quello dell’umanità e della nobiltà. Può sembrare una questione ovvia, banale. Ma non è facile realizzarla in una società in cui sono tanto forti le diffidenze verso il diverso.

Nel Novembre 2012 mi sono informata sull’AVO. Il terremoto aveva coinvolto anche l’ospedale.  Il coraggio, la tenacia e la volontà di superare gli ostacoli dimostrate dai volontari mi hanno meravigliato e suscitato profonda stima. Nonostante tutto i malati non dovevano sentire il crollo. Bisognava seminare speranza, alleviare il dolore, combattere la solitudine. Tutti, professionisti e volontari, in piedi per questo scopo. Era una immagine bellissima di alta sensibilità che in questo ambito manca nella mia terra d’origine.

Ancora mi ricordo della accoglienza calorosa dei volontari dell’AVO, dei loro sorrisi. In ogni stanza un cammino personale che per la malattia si era fermato. In realtà anche io mi fermo. Rifletto, penso, parlo, guardo, mi metto in gioco per affrontare situazioni delicate, dei malati ma anche mie. AVO mi ha dato un senso di familiarità e di appartenenza alla società italiana, mi ha aperto la finestra da cui affacciarmi per conoscere da vicino le persone tra cui il destino mi ha condotto a vivere, mi ha offerto la possibilità e la forza di riprendere un nuovo percorso nella mia vita. Cambiare la routine di tanti anni, studiare per svolgere un lavoro sembravano mete irraggiungibili per una donna che aveva lasciato in sospeso la sua crescita personale per 20 anni, in un paese straniero.

Ogni volta che entro nello spogliatoio dell’AVO mi passa davanti tutto il mio percorso, lo vedo come una rinascita, mi dà anche un senso di tranquillità, di pace. Guardo a tutto ciò e sento l’orgoglio di avercela fatta, di essere volontaria della mia associazione AVO e di contribuire alla diffusione dei significati celestiali che cerca sempre di seminare.

Hayat Zaoui (Volontaria AVO nata in Marocco)