Premio Noi Insieme 2019 “Cammini” – i Racconti di Roberta Giuliani e Bianca Serino
Sabato 18 maggio è stato assegnato il Premio Noi Insieme 2019 per la Sezione Racconti:
1° posto: “Camminare per rinascere” di Hayat Zaoui – AVO MIRANDOLA
2° posto: “Condividere per crescere” di Cristina Birago – AVO VARESE
3° posto: ”Ogni vita è un cammino” di Roberta Giuliani – AVO MORTARA – “I si che tracciano cammini” di Bianca Serino – AVO CASERTA
Di seguito i due racconti classificati al 3° posto.
OGNI VITA E’ UN CAMMINO (di Roberta Giuliani)
Anna è una signora molto anziana, ma lucida e vivace. Emana quella serena rassegnazione propria di chi ha vissuto e accettato la vita per quella che è. Dal suo letto, col tubicino dell’ossigeno al naso, mi racconta i momenti più tristi e drammatici che hanno segnato la sua esistenza, infatti oltre al marito, in poco tempo, ha perso anche un figlio. Mi colpisce, soprattutto, come custodisca il ricordo degli ultimi attimi di vita del suo amato: lo sguardo triste che guarda al passato, ma il sorriso sulle labbra che addolcisce i tristi ricordi. Piange silenziosa, composta. Anch’io commossa, taccio, consapevole che questo momento richiede solo silenzio. Poi le si illumina di nuovo il viso, al ricordo del suo quarto figlio arrivato così tardi, dopo una gravidanza difficile ed estenuante, ma portatrice della gioia che solo un figlio può donare. Lo vede crescere, creare la sua famiglia, sempre attento ai bisogni di coloro che ama, ma lo vedrà anche morire, poco dopo aver perso suo marito. Anna rivive con me tutta la sua disperazione di quei giorni, la disperazione della nuora, rimasta sola con due bimbi piccolissimi, costretta a piangere la notte, solo dopo averli messi a letto. Tanto dolore non si dimentica, anche se il tempo aiuta a lenire le ferite.
In quel momento mi è tornata in mente una frase di Osho, un mistico e maestro spirituale indiano, che recitava più o meno così: “….I sentimenti non possono essere espressi; ogni forma di espressione è estremamente inadeguata per i sentimenti….” Perchè solo tenendoci la mano, Anna ed io, ci siamo dette molto più di quanto avremo potuto esprimere a parole.
Ma non ci siamo lasciate così, l’ultimo suo ricordo è di speranza, perché anche le esperienze più terribili possono e devono insegnarci a rendere speciale la nostra vita, nel rispetto di coloro che non ci sono più, portandoci dentro il loro amore. Grazie Anna, è stato un privilegio percorrere con te parte del mio cammino.
Edda mi ha intenerito tantissimo, è una vecchina minuta, magrissima, con gravi difficoltà respiratorie, lo sguardo spaventato. Era sola in stanza e appena entrata, ha allungato il braccio verso di me esclamando: ”Non se ne vada!”. Mi sono seduta di fianco a lei, cercando di calmarla tenendole la mano e accarezzandole i capelli. Malgrado il mio senso di impotenza di fronte alle sue continue richieste di aiuto, espresse in modo confusionale e apparentemente insensate, non ho avuto paura, non mi sono sentita inadeguata, ma ero grata di essere lì, di esserle accanto in un momento tanto difficile. Grazie Edda, è stato un onore camminare di fianco a te.
Poi c’è Sonia, anche lei magrissima, piccolina, non è vecchia, ma porta i segni di un passato difficile. Sta per essere dimessa, quindi riesce ad esprimere la grinta e l’esuberanza che, è subito evidente, fanno parte del suo essere o probabilmente ha dovuto sviluppare per affrontare le vicissitudini che la vita le ha riservato. Sonia mi racconta velocissima tutta la sua storia, o almeno spero fosse tutto, perché tanti dolori ed esperienze così drammatiche, sono un peso davvero eccezionale per le spalle di una sola persona. Ma Sonia è una forza della natura, e va avanti fiera e decisa, proprio come la Rossella O’Hara di “Via col vento”: “Dopotutto, domani è un altro giorno!” Grazie Sonia, è stato un privilegio camminare al tuo fianco.
E poi ci sono state Maria Luisa, Carmela, Giovanna, Luigi, Giuseppe, Andrea che mi hanno confidato la loro preoccupazione di pesare sulla famiglia o di essere completamente soli; mi hanno raccontato di essere stati in guerra, di aver girato il mondo, di aver amato tante donne o tanti uomini, di come sono gentili le infermiere, “Però ce n’è una…. Quella è proprio scorbutica!”.
Ho iniziato questo percorso di volontariato pensando di dare il mio tempo, la mia attenzione, il mio affetto a chi ne avesse avuto bisogno, ma quanto ho imparato e ricevuto da loro, questo no, non lo avevo previsto.
Ogni settimana entrando in ospedale, le vite degli ammalati e mia, per un po’ si fondono, il mio cammino si intreccia col loro e acquisisce una forma sempre più chiara, una direzione sempre più precisa e un valore sempre più grande. Ogni esperienza vissuta in corsia, si aggiungerà al bagaglio a mano che è la mia esistenza, ma anziché appesantire il fardello, lo rende sorprendentemente più leggero.
Ogni vita è un cammino e siamo noi a scegliere la direzione, il passo e la compagnia. La nostra piccola ma operosissima Avo locale è ormai parte integrante del mio, così come le persone che la alimentano con la loro opera, che l’hanno fatto in passato e che lo faranno in futuro. Il nostro compito è quello di lasciare un sentiero ben tracciato, affinché siano in molti a seguirlo.
I SI’ CHE TRACCIANO CAMMINI (di Bianca Serino)
Quanti sì più o meno impegnativi diciamo nel corso della vita! Essi segnano i nostri cammini e a volte ci portano verso Strade che altri hanno tracciato con le loro scelte. Il professore Longhini dice di sé “non amo la parola fondatore. Più semplicemente sento il ruolo di chi invitato a un’impresa non dice no e si incammina”.
La grande strada, l’AVO, tracciata dai sì di quest’uomo illuminato, è diventata per noi volontari punto di arrivo e di partenza per nuovi percorsi.
Uno è certamente quello interiore che ogni volontario costruisce attraverso il suo servizio in corsia accanto al malato. E’ un cammino personale, intimo, fatto di storie gelosamente custodite, di volti di persone con le quali sono stati condivisi gesti, emozioni, sentimenti, strette di mano, parole bisbigliate, lacrime affidate, gioie per la salute recuperata o per un’amicizia sbocciata. Questo cammino ci cambia e arricchisce quel Castello Interiore che Longhini ci invitava a consolidare per essere efficaci costruttori di reciprocità.
Anche l’associazione è un cammino che porta dall’io al Noi. Essa ci rende comunità dinamica di cittadini attivi che sanno discernere e interpretare i segni dei tempi e rispondere ai bisogni della società con azioni nuove dall’ampio respiro sociale. Questo cammino l’AVO di Caserta lo iniziò nel1987 quando un piccolo gruppo di giovani donne e un maschietto, dissero il loro sì alla proposta di far nascere una nuova forma di volontariato sociale.
Affascinava questo volontariato non fai da te che richiedeva formazione, organizzazione, continuità, non tessere di partito o di appartenenza religiosa e così il gruppetto si incamminò gioioso e determinato, incurante degli ostacoli, convinto che l’umanizzazione degli ambienti era un sogno realizzabile se i volontari fossero stati credibili testimoni. Furono gli anni della “formazione intensiva” di noi, primi volontari. La nostra presenza nell’ambiente ospedaliero non passava inosservata e l’efficacia dell’amore reciproco nel rapporto con il malato cominciò a dare qualche frutto, un esempio per tutti fu un barbone che, inizialmente emarginato, preso in cura dai volontari, un po’ alla volta cominciò ad essere trattato più amorevolmente sia dai vicini di letto che dal personale sanitario riacquistando dignità di persona; era l’inizio, un primo embrione di una comunità sanante.
L’oggi della nostra AVO si confronta con situazioni che richiedono nuove competenze e creatività nella formazione del volontario, nel sostegno della persona ammalata e nel rapporto con i giovani. Il cammino procede su nuovi percorsi, ecco quindi le riunioni di reparto affiancate ai “laboratori creativi di sartoria” dove i volontari si confrontano e si raccontano mentre le loro mani intrecciano gadget da donare ai malati; migranti bisognosi di tutto e anziani sempre più soli, ci interpellano ed ecco il sì alla collaborazione con l’azienda ospedaliera nel servizio di Accoglienza, un supplemento di disponibilità verso tutti gli utenti e un segno che è possibile realizzare una società ospitale e solidale.
Un’attenzione del tutto speciale è per i Giovani. L’AVO per molti giovani volontari è un cammino di discernimento, oltre che esperienza di servizio, che orienta scelte di vita importanti, così è stato per Giorgio diventato sacerdote o come è avvenuto per Fabio e Rosa ora ottimi infermieri, per cui si è ritenuto opportuno organizzare progetti con le scuole: Giovani studenti delle superiori diventano “Volontari per un giorno” sotto la guida dei giovani dell’AVO che fanno da tutor, bambini della scuola primaria diventano volontari a distanza scrivendo letterine dalle loro classi, “Gocce di Affetto”, da inviare agli ammalati in giorni speciali di festa.
Il mio cammino nell’AVO? Continua con lo stesso trepidante impegno dei primi tempi perché c’è sempre del nuovo da fare nell’ambito della Relazione e nella promozione del Bene Comune. Un esempio, l’idea di creare un coordinamento fra le associazioni, fu una nostra idea vincente, tradotta oggi nel fare rete, una modalità di azione efficace e utilizzata dall’AVO con profitto. E poi ho ancora molto da imparare dai volontari che mi arricchiscono con i loro talenti e dagli ammalati che mi hanno permesso e mi permettono di farsi accompagnare e, strada facendo, mi hanno insegnato e ancora mi insegnano la Vita.