In prima linea nell’emergenza Covid-19: la dott.ssa Grittini ci racconta la sua esperienza

Iniziamo la pubblicazione di testimonianze del personale sanitario che lavora in prima linea nei reparti Covid.
La dottoressa Alessandra Grittini racconta la sua esperienza, le sue emozioni e la grande passione per il suo lavoro, in questo tragico momento.

“Se li nominiamo e raccontiamo le loro storie, i nostri morti non muoiono”-  Luis Sepulveda.

Mi gioco una manciata di caratteri così, lasciandoli alle parole di un grande uomo che ha vinto un dittatore, la paura e l’ignoranza ma non un piccolo, invisibile esserino che non aveva di certo consapevolezza di chi lui fosse, così come non di se stesso. Non è un nemico: è un virus. Non è una guerra: è una sfida per la medicina e per la società. Non siamo eroi: siamo donne e uomini che fanno i medici.

E’ presto per ordinare i pensieri, che ancora corrono in tutte le direzioni, ma si sa che sono come i bambini o i cagnolini: prima o poi si fermano e tornano e forse solo allora capiremo un po’ di più di questo tempo assurdo che ancora stiamo vivendo … sarebbe bello darci un appuntamento qui, fra un po’. Le emozioni, invece, sono da raccogliere a caldo, quindi vi racconterò le mie immaginandole universali, lasciando i numeri e i tecnicismi ad altre pagine.

Mai come in questi mesi, abituati a seguire linee guida come fossimo tram lungo binari ben tracciati, abbiamo brancolato nel buio nell’affannosa e spesso vana ricerca di schemi, protocolli, evidenze e raccomandazioni; mai come in questi mesi, abituati a nutrirci di relazioni individuali, siamo spariti dietro mascherine e sotto cappe talmente tutte uguali da doverci scrivere con il pennarello i nostri nomi per riconoscerci; mai come in questi mesi, abituati e gratificati nello spaziare da una diagnosi all’altra, abbiamo curato un’unica malattia con radiografie uguali, esami uguali, terapie uguali.

Ma incredibilmente abbiamo scoperto di ricordarci uno per uno gli oltre 350 pazienti a tutt’oggi passati dai nostri letti dedicati ai pazienti Covid positivi: nomi, volti e storie laddove prima ricordavamo soprattutto le patologie.

Non è stato facile cambiare tanto velocemente quanto radicalmente, passare dal curare al prendersi cura e riconoscersi vulnerabili e fragili. Non ce ne siamo neanche accorti, è accaduto e basta.

Sono stati giorni incredibili… o è stato un unico, lungo giorno, perché il tempo ha perso la propria unità di misura. Abbiamo asciugato lacrime dietro le maschere dell’ossigeno; abbiamo prestato mani e voci offrendoci come transfert tra famiglie e pazienti cercando di vincere almeno per pochi minuti le loro solitudini; ci siamo commossi quando pazienti anziani, increduli davanti ad una videochiamata con WhatsApp, allungavano la mano ed accarezzavano lo schermo dello smartphone; ci siamo sentiti svuotati trovando nel letto quel paziente deceduto dopo essersi strappato il tubo del casco, afflosciato sul suo volto come un comune sacchetto di plastica, da presidio che salva a presidio che uccide; ci siamo scoraggiati ed arrabbiati leggendo l’ultima revisione della letteratura che smentiva l’efficacia dei farmaci in cui avevamo sino a quel momento sperato, sentendoci le mani nude; impotenti, abbiamo abbassato gli sguardi per tutti quei pazienti, caduti come fiocchi di neve; abbiamo provato una gioia profonda accompagnando all’uscita i pazienti guariti e ci si è spezzato qualcosa dentro quando abbiamo dovuto fare quella telefonata temuta, quella che sconvolge le case; abbiamo ammirato l’organizzazione studiata dal nostro Direttore ed imparato a lavorare in squadra accettando ognuno il proprio ruolo, al di là della visibilità, smussando per una volta gli spigoli; abbiamo avuto paura per noi, compianto i 140 medici deceduti ad oggi – il 10% del totale – e temuto per i nostri colleghi che hanno contratto il virus; abbiamo temuto ogni sera di tornare a casa con lui, inconsapevoli, decidendo di proteggere i nostri cari vivendo come positivi in un interminabile isolamento fiduciario. Avremo pensieri intrusivi per molto, molto tempo. Forse per sempre, perché “Tutto ciò che hai visto, che hai provato, amaro e dolce, pioggia e sole, freddo e notte, è dentro di te” – Luis Sepulveda

Dott.ssa Alessandra Grittini

UO Medicina Interna – Ospedale di Magenta – Azienda Ospedaliera Legnano – ASST Milano 1