Il trauma della Pandemia da Covid-19: cosa possiamo fare per proteggerci? (di Sabrina Bonino*)

La pandemia da Covid-19 ha fatto irruzione nelle nostre vite nel marzo 2020 modificando profondamente la quotidianità di tutti, nei tempi e negli spazi, cambiando l’ordine delle priorità e imponendo nuove modalità nella vita sociale e di relazione.

Il volontariato ospedaliero ha subito una brusca frenata, non è più stato possibile accedere ai reparti per le consuete attività, gli spazi di collaborazione con l’ospedale si sono ridotti e la vita associativa si è dovuta riorganizzare utilizzando metodologie on line per potere continuare ad operare. La vita ospedaliera è mutata profondamente, i malati sono isolati da amici e parenti e le misure di contenimento del virus limitano fortemente le possibilità relazionali anche dentro i reparti (per esempio non è possibile scambiarsi giornali e riviste tra ricoverati).

Quello che è accaduto è assimilabile ad un trauma collettivo che ha colpito, con intensità diverse, ogni paese del mondo. In altre catastrofi quali terremoti, alluvioni ecc. le persone che prestavano soccorso non erano direttamente colpite dall’evento e potevano ricorrere a luoghi sicuri per proteggere sé stessi e le vittime dirette.

La pandemia attuale ci ha portato a vivere una situazione nuova, dove i “soccorritori” erano colpiti dall’evento traumatico quanto coloro a cui si presta soccorso.

In quanto esseri umani apparteniamo ad una specie particolarmente resiliente e siamo riusciti a tornare alla normalità dopo guerre, epidemie e catastrofi varie, ma alcuni di noi riescono a superare con le proprie forze gli eventi avversi, altri ne vengono travolti.

Possiamo considerare l’impatto del Covid-19 come traumatico perché ha avuto le caratteristiche tipiche del trauma: è stato improvviso, ha minato il senso di sicurezza del nostro contesto di vita e ha fatto temere la morte, nostra o dei nostri cari, senza avere strumenti facilmente accessibili per proteggerci (pensiamo alla difficoltà nel reperire le mascherine e l’incertezza dell’efficacia delle cure).

Il trauma che abbiamo sperimentato, e continuiamo a provare perché non siamo ancora del tutto usciti dalla pandemia, ha portato a cambiamenti psicologici concreti, come una “ritaratura” del sistema d’allarme del cervello deputato a discriminare le informazioni pericolose da quelle irrilevanti, provocando uno stato di ipereattività o ipoattività.

Tutto questo può concretizzarsi in diversi tipi di reazioni quali: disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, difficoltà mnestiche, affaticamento, irritabilità ed irrequietezza, isolamento, chiusura, depressione, pensieri ripetuti ed intrusivi, evitamento, dipendenza da sostanze.

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali 5 (DSM5 A.P.A. del 2014) considera questi come i sintomi del Disturbo da Stress Post Traumatico.

Possono esserci anche conseguenze fisiche espresse da disturbi gastrointestinali, respiratori, alterazioni del battito cardiaco e della pressione sanguigna.

Queste risposte non adeguate allo stress possono portare ad una sottovalutazione del rischio reale oppure a un perenne stato di iperattivazione caratterizzato da un senso di minaccia incombente.

Il trauma non elaborato sconvolge l’equilibrio biochimico del sistema fisico di elaborazione dell’informazione, accade che il presente venga interpretato sulla base di situazioni passate e influenzi i comportamenti attuali del soggetto con convinzioni negative che intaccano il senso di autostima ed autoefficacia. Inoltre l’informazione viene immagazzinata nel cervello con le stesse emozioni, convinzioni, sensazioni fisiche che esistevano al momento dell’esperienza originale.

Ogni volta che un evento ci sovrasta in modo tale che il nostro cervello non riesce ad elaborare l’accaduto in tempo reale, tale evento viene chiuso in una “rete mnestica” e una parte del nostro vissuto rimane bloccata in quell’evento, che da quel punto in poi ci troviamo a rivivere continuamente.

Se ci troviamo a fare divenire la paura uno stile di vita, una cronica iperattivazione con gravi conseguenze negative per il corpo e per la mente possiamo ricorrere ad una tecnica psicoterapeutica specifica: l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing.

L’EMDR, stimolando in modo alternato i due emisferi cerebrali, riattiva la comunicazione tra la rete positiva del sinistro e i contenuti ansiogeni del destro, in questo modo si rielabora l’informazione legata all’esperienza traumatica agendo sui meccanismi inerenti l’immagazzinamento della memoria. Si assiste ad una risoluzione adattativa con associazioni adeguate, l’esperienza è integrata in uno schema emotivo e cognitivo positivo. Tutto questo avviene in uno stato di coscienza del paziente, senza similitudini con l’ipnosi o altri procedimenti terapeutici: l’EMDR non fa dimenticare il trauma ma ne permette una corretta collocazione nelle esperienze passate, così da non influenzare negativamente il presente che stiamo vivendo.

Il Consiglio d’Europa nel 2007 ha stabilito che ogni paese membro deve sviluppare interventi psicologici riconosciuti da realizzarsi su larga scala in caso di disastro collettivo. Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per i traumi individuali e collettivi, raccomandano l’uso dell’EMDR che si basa sulla ricerca empirica (evidence based); si è visto in studi controllati e randomizzati che dall’84% al 100% dei sintomi da disturbo post traumatico, originati in seguito ad un singolo evento, vengono eliminati nell’arco di 5 ore di trattamento.

L’elenco aggiornato degli studi sulla validità dell’EMDR può essere trovato nella pagina web dedicata all’argomento dall’EMDR Research Fundation.

Sempre sul sito EMDR ITALIA si possono trovare le attività formative, i risultati delle ultime ricerche e gli Enti pubblici/privati che effettuano trattamenti EMDR oltre che l’elenco dei terapeuti abilitati suddivisi per provincia.

L’EMDR può essere utilizzato, in gruppo o singolarmente, per facilitare la risoluzione dei sintomi e del disagio emotivo legati ad esperienze traumatiche esclusivamente da psicoterapeuti (medici o psicologi) che abbiano partecipato a corsi di formazione autorizzati, garantiti da standard internazionali.

La pandemia da Covid-19 ha visto l’Associazione EMDR Italia coinvolta in numerosi interventi a sostegno sia dei curanti (medici ed infermieri) sia dei pazienti e delle loro famiglie.

Sono stati attuate terapie di gruppo per il personale sanitario affinché riuscisse a reggere la difficile situazione lavorativa, protocolli di intervento per accompagnare i familiari all’ultimo saluto o all’incontro con ammalati gravi, e procedure per rendere l’intubazione e l’estubazione meno impattante possibile grazie a tecniche di rilassamento (Posto al sicuro).

In un prossimo articolo la dott.ssa Giada Maslovaric descriverà in modo approfondito le esperienze condotte in diversi ospedali italiani e il contributo dato alla formazione dei colleghi europei su come affrontare le conseguenze psicologiche della pandemia.

Sappiamo che la paura è fondamentale per la nostra difesa e sopravvivenza, in dosi limitate paura ed allerta sono necessarie, anzi fondamentali per potersi attivare senza perdere lucidità (eustress – distress).

La paura può diventare panico con la sintomatologia tipica o ansia generalizzata.

Quando proviamo un’intensa paura possiamo avere le cosiddette reazioni di sopravvivenza che fanno parte del sistema difensivo dell’Homo Sapiens, cioè: FIGHT (attacco), Flight (fuga), Freeze (congelamento).

Troviamo risposte emotive di entità maggiore quando gli eventi traumatici coincidono con un periodo già stressante per l’individuo per altri motivi, quando ciò che accade è particolarmente improvviso o assurdo, quando è molto coinvolgente e non controllabile.

Possono essere considerati fattori protettivi un buon supporto sociale subito dopo l’evento da parte di colleghi ed amici e la possibilità di comunicare e fare affidamento sui propri familiari, oltre che avere avuto nell’infanzia un accudimento adeguato.

In questa sede ritengo importante ricordare che le persone che lavorano quotidianamente a contatto con la sofferenza altrui o in situazioni critiche, quindi chi svolge una professione d’aiuto, e a questi può essere assimilato un volontario AVO, nonostante tendano a sviluppare un’alta soglia di tolleranza agli eventi traumatici, possono evidenziare disturbi psicologici o somatizzazioni a seguito della cosiddetta traumatizzazione vicaria.

Il DSM 5, ribadisce come un operatore, durante una situazione lavorativa può vivere un trauma, non per una esposizione diretta ma per il contatto con la persona traumatizzata.

La relazione con la vittima può quindi investire l’operatore in modo secondario o indiretto.

Infatti possiamo restare coinvolti profondamente da ciò che accade alle persone intorno a noi perché siano animali sociali neotenici, il nostro mondo relazionale ed emotivo si sviluppa nella relazione con l’altro attraverso l’empatia.

Alcune persone riescono a superare eventi traumatici senza riportare danni particolari e vengono definiti resilienti, come mai? E cos’è la resilienza?

Per l’American Psicological Assoiciation (2007) la resilenza è la capacità di adattarsi a fronte di avversità, tragedie, minacce o stress significativo.

E’ la capacità positiva che hanno le persone di gestire lo stress, un adattamento comportamentale positivo quando ci si trova a gestire un evento avverso o un trauma, cioè la capacità di essere flessibili e di adattarsi a circostanze mutevoli.

I traumi possono portare ad una crescita positiva rinforzando la capacità della persona di gestire le avversità future e promuovere interazioni di maggiore vicinanza agli altri. Spesso avere subito un trauma porta a capire quali siano i valori e le priorità della vita apprezzandola maggiormente e generando come risultato un senso di competenza.

Essere resilienti non vuole dire non sperimentare dolore emotivo, difficoltà od angoscia ma riuscirli a gestire di fronte ad avversità, tragedie.

Le persone che hanno vissuto eventi avversi nell’infanzia quali maltrattamenti, trascuratezza, lutti e abusi sessuali incontrano difficoltà nell’essere resilienti. L’Importanza di questi eventi nell’infanzia nel condizionare la vita adulta è stata sottolineata da molti studi tra i quali quello di V. Felitti (1998) applicato ad oltre 17000 casi in USA.

Quando le esperienze traumatiche infantili o in età adulta ci provocano sofferenza e una sintomatologia significativa possiamo ricorrere all’EMDR.

La stimolazione bilaterale con movimenti oculari della psicoterapia Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) favorisce la desensibilizzazione della memoria nella neocorteccia associativa favorendo la formazione di nuovi engrammi non patologici.

Dopo la prima ricerca pilota di Shapiro nel 1989 più di venti studi controllati randomizzati che hanno corroborato l’efficacia della psicoterapia EMDR.

Una premessa fondamentale è che in tutti noi esiste un sistema fisiologicamente deputato a elaborare le informazioni e avente l’obiettivo di raggiungere la salute mentale, la terapia EMDR funge da attivatore e facilitatore di questo sistema innato.

La persona diviene in grado di collocare l’evento traumatico nel passato senza più vivere nel presente riattivazioni emotive, cognitive e corporee.

I rapidi effetti post trattamento dell’EMDR sono documentati da numerosi studi neurofisiologici (Pagani, 2019).

Attraverso la stimolazione oculare bilaterale permette una rielaborazione del ricordo traumatico a livello emotivo, cognitivo e corporeo.

Questo approccio terapeutico è stato utilizzato in molteplici Azioni Umanitarie promosse dall’Associazione EMDR Italia, dove, come potete vedere sul sito, gratuitamente si è intervenuti in favore delle popolazioni colpite da terremoti, attentati terroristici, omicidi particolarmente efferati ecc. .

Per queste Azioni Umanitarie all’Associazione EMDR, nella persona del Presidente Isabel Fernandez è stato conferito dal Comune di Milano l’Ambrogino d’oro nel 2020 e il titolo di Commendatore della Repubblica nel 2019 da parte del Presidente della Repubblica Italiana.

*dott.ssa Sabrina Bonino, psicologa, psicoterapeuta asl 2 Savonese, supervisore EMDR

 

BIBLIOGRAFIA consigliata per chi desidera approfondire:
Tal Croitoru (2015), EMDR REVOLUTION,Sesto San Giovanni(MI),Mimesis Edizioni
Vincent Felitti, Adverse Childhood Experiences (ACE) Study. In Rivista di Psicoterapia EMDR ITALIA ,2013
Francine Shapiro, (2018), EMDR IL MANUALE, Milano, Raffaello Cortina Editore
Francine Shapiro (2013) LASCIARE IL PASSATO NEL PASSATO, Roma, ed. Astrolabio Ubaldini
Giada Maslovaric (2020), EMDR DI GRUPPO, ApertaMente Web, Roma
Marco Pagani (2019), IL CERVELLO CHE CAMBIA,Sesto San Giovanni, Mimesis Edizioni