Generare Generazioni Generative (Giuseppina Tumminelli)

Intervento della dott.ssa Tumminelli al Convegno Regionale AVO Sicilia del 19 ottobre 2019.

 

La cornice teorica di riferimento è il paradigma della generatività proposto come prospettiva per innescare riflessioni su un tema alquanto complesso come quello di “Generare generazioni generative”.

La fase storica nella quale viviamo è singolare poiché è una fase di transito. Un tempo nel quale è necessario attivare risorse creative per far fronte alla diffusione di un’etica della rassegnazione che sempre più dilaga, coinvolgendo tutte le generazioni e che non può non portare a rotture e a fratture sociali.

Partendo dal presupposto che è l’esperienza che facciamo che cambia l’individuo, è la relazione e la scoperta dell’alterità che rende le persone diverse, perché si viene cambiati da ciò che si riceve e da ciò che si dona.

In questa dimensione, il volontariato riscopre la propria mission che si ricollega alla centralità del dono. Ma cos’è il dono? Il dono è un atto relazionale ricco di numerosi e diversificati significati.

Il dono unisce chi dà e chi riceve, riduce la distanza e abbatte la differenza tra i soggetti. Attraverso il dono, l’io e il tu possono riscoprire la dimensione d’identità e di fusione, per un tempo più o meno lungo. Se si pensa, ad esempio, al regalo, alle modalità con le quali si sceglie un dono, questo viene fatto la maggior parte delle volte per rispondere alle aspettative e ai gusti dell’altro. Quando il dono è inaspettato, ciò che fa piacere è lo stupore che leggiamo nell’altro che, scartando un dono, sente corrisposto un desiderio nascosto e a cui l’altro dà risposta. È nella dinamica dell’accogliere e del ricevere, del darsi e dell’offrire, che il mondo affettivo di ciascuno di noi si struttura. È nel dono che sentiamo il desiderio di unità con l’altro e il desiderio di trarre gioia dalla sua gioia.

Se si pensa alla mitologia classica, il dono può essere incarnato dalla figura di Prometeo che ruba agli dei il fuoco, simbolo della forza e dell’energia, per donarlo agli uomini come atto di fiducia. Anche Aristotele sottolinea che, per essere tale, il dono esige “generosità” e “spontaneità”, e rimanda al concetto di grazia, che è un termine che include sia colui che accoglie sia colui che è accolto. La grazia ha in sé il significato di riconoscenza, da una parte e, dall’altra, di piacere.

Un altro degli aspetti rilevanti del dono è la gratuità, che non comporta di per sé restituzione, ma innesca elementi di generosità e di creatività che attraversano le azioni del dare, del ricevere e del ricambiare. Pertanto, una delle conseguenze del dono è “generare” legami e trasformare ciascuno innescando anche cambiamenti nell’esperienze che ognuno fa.

Da qui, la connessione tra donare e generare è un passaggio centrale. Come ricordano Magatti e Giaccardi (2014)[1], è lo psicologo Erikson che negli anni cinquanta elabora il concetto di generatività intesa come una qualità che l’adulto possiede o consegue nella fase della maturità quando cioè sente il desiderio di prendersi cura di ciò che ha generato e di ciò che ha ricevuto in eredità. Per lo psicologo, la generatività coincide con la preoccupazione di creare e di dirigere una nuova generazione che di conseguenza, diventi essa stessa generativa per le generazioni a seguire.

Ma cos’è la generatività? “È un nuovo modo di pensare e di agire personale e collettivo che racconta la possibilità di un tipo di azione socialmente orientata, creativa, connettiva, produttiva e responsabile, capace di impattare positivamente sulle forme del produrre, dell’innovare, dell’abitare, del prendersi cura, dell’organizzare, dell’investire, immettendovi nuova vita” (http://generativita.it/it/generativita/).

La generatività si oppone alla stagnazione, rinnovando le forme sociali attraverso tre fasi:

  • mettere al mondo che coincide con la fase imprenditiva/creativa ossia con il far nascere e il dare avvio a qualcosa di nuovo;
  • prendersi cura ossia la fase organizzativa che corrisponde ad un’azione indispensabile perché le cose durino nel tempo;
  • lasciare andare è la fase transitiva che corrisponde con il liberare, il far camminare da soli, il recidere il cordone ombelicale. Il riconoscere la libertà come generativa di libertà.

L’ultima fase è sicuramente la più complessa ed è quella che merita ulteriori considerazioni. Nel dopoguerra, come ricorda Magatti, una delle idee centrali che si è andata sviluppando è stata quella della “libertà infinita come categoria individuale”, che avrebbe comportato l’assoluta e completa realizzazione della persona. Ma non basta la libertà per sentirsi liberi. Questo mito si è scontrato con la vulnerabilità dell’individuo, con la sua fragilità e con il sentirsi più o meno insicuro. Nella libertà, il soggetto riscopre l’esigenza adolescenziale di ribellione e di espressione della propria individualità. Dal superamento di questa fase, cioè dalla sua maturazione attraverso la generatività che trasforma la libertà da necessità esplorativa a fecondità (Erikson 2000[2]), è possibile superare il rischio della stagnazione.

Nell’esempio proposto da Magatti, la generatività può essere rappresentata dall’idea biblica della “creazione”. Dio non soltanto crea il cosmo, la vita, ma genera l’uomo come essere sovrano e libero.

E allora, la proposta della generatività è orientata alla possibilità che ci possiamo dare di rivedere il nostro modo di relazionarci con l’altro, di fare comunità e di liberarci dall’individualismo.

Ma quali possono essere gli esempi di generatività? Si potrebbe pensare alla nascita di una nuova relazione, ma anche di un progetto o di un prodotto.

Il concetto di generazione ha la stessa radice etimologica della “generatività”. Nelle scienze sociali, il concetto di generazione è stato utilizzato dal sociologo Mannheim (1974), indicando, con esso, tutti quelli che hanno la stessa collocazione nello spazio storico sociale e sono sottoposti alle stesse influenze culturali[3]. Ed è proprio nella relazione tra le generazioni che è possibile riflettere sulla responsabilità che abbiamo, non soltanto come volontari ma come cittadini di mettere al mondo, di prenderci cura e poi di lasciare andare le nuove generazioni. L’azione, pertanto, ha un forte risvolto sociale e simbolico, in grado di innescare produttività, creatività e cura.

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[1] Magatti M., Giaccardi C., Generativi di tutto il mondo unitevi! Un manifesto per la società dei liberi, Feltrinelli, Milano 2014.

[2] Erikson E. H., Infanzia e società, Armando Editore, Roma 2000 (1961).

[3] Mannheim K., Il problema delle generazioni, in Sociologia della conoscenza, Dedalo, Bari: “[…] non il fatto di essere nati nello stesso momento cronologico, di essere divenuti giovani, adulti, vecchi, contemporaneamente, costituisce la collocazione nello spazio sociale, ma solo la possibilità che ne deriva di partecipare agli stessi avvenimenti, contenuti di vita ecc. e ancora di più di fare ciò partendo dalla medesima forma di ‘coscienza stratificata” (1974: 346-347).