G. Bonfanti: Il Volontariato domani – Prospettive, rischi, speranze e sfide

Il volontariato ha sempre sentito i tempi fino ad anticiparli, perché è nella sua natura: la reciprocità solidale attiva vive il presente ma in divenire. Infatti nasce sul campo, sollecitato dai bisogni consolidati, ma anche da quelli emergenti e dalle possibilità di risposta sperimentate e dalla ricerca di nuove. Infatti proprio combinando questi due elementi ha saputo essere storicamente un elemento innovativo della società. Non raramente anticipante o addirittura generativo di espressioni solidali più avanzate e strutturate della società civile: quante sono le Organizzazioni del cosiddetto Terzo settore che sono nate da un gruppo di volontari?
Questa constatazione però non deve indurre facili profezie per il volontariato di domani. Nelle temperie attuali dove la gratuità solidale e l’impegno disinteressato per i beni comuni deve fare i conti con le espressioni e le aspettative di una società complessa e in rapida evoluzione fortemente condizionata da individualismo e miopia dominanti, i facili ottimismi possono essere imprudenti.

Infatti non possiamo prescindere da un tentativo, pur difficile, della lettura dell’oggi, un oggi che si presenta particolarmente variegato e cangiante, “liquido” secondo qualcuno o post-moderno (Ambrosini), con un vissuto molto concentrato sull’immediato (Cotturri) e sul breve orizzonte; e sull’opportunismo – anche in senso buono – come risposta alle necessità pratiche, ma per lo più concentrato sul contingente, se non sull’emergenza. Ed è proprio la prospettiva di breve termine e di piccolo raggio che rende particolarmente difficile oggi proiettarsi in avanti, immaginare un “dopodomani”: acquisire quella che viene definita “visione strategica”. Che, però, è l’unica adatta per propiziare cambiamenti opportuni e veramente efficaci e flessibili per rispondere ad esigenze ancora poco delineate. In realtà si possono ascoltare “narrazioni diverse” (Smerilli), immaginare diversi scenari, ma cogliere segnali ed elementi di valutazione che facciano propendere per l’uno o per l’altro è arduo e spesso arbitrario. Anche perché riflettere sulla solidarietà, sulla gratuità, sul senso civico disinteressato, sulla partecipazione può rischiare di esaurirsi in una sterile esercitazione accademica.
Oggi lo scenario presenta fenomeni che vanno da un estremo della disposizione al buonismo più o meno informale “va dove ti porta il cuore”, all’altro della cultura di sistema del “volontariato organizzato” che talvolta rischia di assumere connotazioni rigide se non standardizzate. In mezzo troviamo una gamma di formule e modalità di risposta estremamente diversificate che vanno da servizi a vari livelli di complessità e di contenuto relazionale in risposta a bisogni diffusi e permanenti conosciuti a fondo, a interventi più estemporanei, se non di emergenza, non sempre concepiti e configurati sulla base di analisi rigorose.
Per guardare avanti occorre, quindi, una visione d’insieme e lungimirante attenta alle esperienze consolidate ma non meno fiduciosa della pratica sperimentale, purché impostata con metodo, rivista criticamente e affinata con l’esperienza.
Alla luce degli orizzonti considerati dalla “Carta dei valori” alcune prospettive meritano una particolare attenzione per interpretare l’evoluzione del volontariato:
• La relazione: si parla di solidarietà (Rosanvallon), gratuità, generosità, impegno, ma anche di reciprocità, di partecipazione, di aiuto e di dignità. Il volontario forse non deve più sentirsi sopra né di fronte, ma a fianco di chi è in difficoltà.
• I fruitori: Il volontariato moderno della cittadinanza attiva concentra i suoi sforzi sulle debolezze e sulle fragilità delle persone, sia sul versante sociale che culturale, e dell’ambiente (peraltro sempre in funzione delle persone(*1)) nella ricerca del bene comune.
• Le finalità: si parla di superamento dell’assistenzialismo per puntare all’emancipazione, all’inclusione, alla promozione umana (aiutare ad aiutarsi). Vicinanza umana al di là dei servizi materiali (pur indispensabili). Quindi essere con piuttosto che operare per.
• Le priorità: qui sta il ruolo politico del volontariato: rispondere alle emergenze non deve escludere, ma anzi sollecitare, attenzione alle cause e alla ricerca di azioni che possano rimuoverle. Dalle diseguaglianze ai pregiudizi, dalla povertà culturale alla precarietà ecologica, dalle pratiche illegali alla corruzione …
Acculturazione: lanciare messaggi, ma soprattutto promuovere il diffondersi di nuovi “stili di vita” mediante iniziative che stimolino ad uscire dagli schemi dell’individualismo, della competizione, del consumismo, della ristrettezza di vedute, per recuperare solidarietà, collaborazione, responsabilità e lungimiranza.
Partecipazione: dall’approccio singolo al lavoro di rete. Il passaggio dalla sussidiarietà verticale od orizzontale a una partecipazione più piena e responsabile fra tutti gli attori sociali (del primo, secondo e terzo settore), in una interazione che oggi viene definita “sussidiarietà circolare” (Zamagni).
Queste sono solo alcune considerazioni che possono aiutare a guardare oltre il quotidiano per portare l’attenzione sul domani – magari partendo dalle criticità già emergenti oggi – per consentire al volontariato di misurarsi efficacemente con il contesto che andrà via via incontrando. Dai problemi di inclusione sociale che portano ben oltre la soddisfazione di bisogni materiali, alla valorizzazione delle risorse ambientali e culturali al di là di interventi conservativi, ai problemi della salute non solo fisica ma esistenziale (si pensi al disagio giovanile o alla solitudine degli anziani), ai problemi della comunicazione (dai linguaggi informatici ai trasporti …), della giustizia (per i forti e i deboli) ecc.: problemi che spesso si sommano e si intrecciano, che variano e si trasformano nei macro e nei micro contesti.
Ecco allora la necessità di una crescita del volontariato in termini di competenze, di capacità progettuali non solo a breve, di nuove formule organizzative, di attitudine al lavoro di rete, per integrare forze di diversa natura, ma opportunamente finalizzate a precisi ambiti e obiettivi. Ma sempre rispettando la sua natura e i suoi valori(*2).
Il tutto, facendo i conti con la propensione al volontariato nella società dei prossimi anni, una società in cui sembra prevalere fra i giovani – per mille motivi in buona misura comprensibili – l’orientamento al volontariato occasionale mentre in età più matura si esprime in modo più regolare e continuativo: si può auspicare che per i primi l’impegno assuma, nel tempo, forme più sistematiche appena le condizioni di vita e la cultura corrente lo consentano, e che il volontariato maturo aumenti in termini di presenze e di qualità, se non altro perché aumentano le persone in età avanzata in buona salute e che credono nell’invecchiamento attivo con una sensibilità e attenzione per chi, invece, è in difficoltà.
In definitiva, con tutta evidenza, assisteremo ad una società sempre più diversificata sia sul fronte dei bisogni e delle aspettative che sulle modalità di risposta percorribili. Una società che dovrà evolversi sempre più recuperando valori di impegno solidale disinteressato in decisa controtendenza rispetto alla deriva odierna dell’individualismo, dell’apparenza e della visione ristretta. Cammino in salita per il volontariato serio. Cammino in cui deve raccogliere una sfida che metterà a dura prova la sua stessa vitalità.

Gianpaolo Bonfanti

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(*1) – Cfr. enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco.

(*2) – Certo non ha giovato a configurare l’immagine e il ruolo del volontariato una riforma, quella del cosiddetto Terzo Settore, che ha anche troppo “mescolato le carte” mettendo sullo stesso piano chi – singolarmente o collettivamente – si gioca gratuitamente in prima persona con chi, pur nell’impegno sociale, si limita a rinunciare a ripartirsi gli utili (pur legittimi) di una attività. Infatti è sembrato a non pochi che la chiave di lettura del legislatore sia troppo sbilanciata in chiave economica mettendo al centro l’impresa sociale in quanto contributrice del PIL e “stampella del nuovo welfare” più che per la sua capacità di “umanizzare” la società, mentre il termine “volontariato” sia rimasto poco più che un attributo regalato a tutto il comparto per conferirgli una immagine più confortevole, magari dimenticando che il vero volontariato si esprime in ambiti precisi e con modalità un po’ diverse dai paradigmi aziendalistici (anche quando collabora con imprese).