ESPERIENZE: ANCHE A SANTIAGO I VOLONTARI DELL’AVO
Quando ho deciso di andare a Santiago dodici anni dopo il cammino di mio marito ,ho pensato che questa esperienza doveva essere solo mia, personale, senza interferenze.
Con quattro amiche, due volontarie dell’AVO come me, abbiamo organizzato saggiamente di percorrere gli ultimi 136 km (ne sono necessari 100 per ottenere la dichiarazione stampata in latino dell’avvenuto percorso, la famosa COMPOSTELLA, percorso comprovato dai timbri apposti sulle Credenziali).
Volevamo partire da SAMOS dove si trova un antico e severo monastero medioevale. Abbiamo iniziato in una fitta nebbia, la Galizia ci aspettava. Ci siamo concesse il trasporto bagaglio e la prenotazione negli “albergue”, strutture miste di dormitori e camere a due, tre letti. Tutto molto ben organizzato, compreso il menù del pellegrino.
Abbiamo avuto la fortuna di percorrere il tratto della prima tappa nel silenzio e quasi da sole.
Così, abbiamo subito capito che stavamo compiendo qualche cosa di speciale, ognuno con le sue personali motivazioni. Davanti a noi sentieri immersi in fitti boschi di querce, castagni, eucalipti, paesini agricoli e fattorie qua e là con mucche e cavalli.
Essendo questo l’ultimo tratto, il percorso è affollato, ma noi abbiamo sempre cercato di distanziare i gruppi, talvolta molto rumorosi e personalmente ho sempre cercato di camminare da sola.
Alzavo lo sguardo ed alberi altissimi sembravano accogliermi e proteggermi, poi all’aperto la vista spaziava su radure e colline verdeggianti, punteggiate qua e là da case in pietra scura. E’ una Spagna diversa questa, nordica, ricorda i paesaggi bretoni, anche gli abitanti sono gentili, ma un po’ rustici, di poche parole.
Il percorso si snoda quasi sempre su sentieri molto ben segnalati, solo qualche tratto è sull’asfalto. La circolazione sulle strade è quasi inesistente. Ogni tanto ci ritrovavamo in qualche posto di ristoro, ma presto si arrivava alla tappa decisa.
“HOlà, buen camino” è il saluto che tutti i pellegrini si rivolgono, anche ai ciclisti che francamente non ritengo rientrino nella categoria dei caminantes. Tanti sono i giovani, allegri e sorridenti, ma anche parecchi sono i “vecchietti”, ci sono gruppi e molte persone sole. Gli spagnoli sono i più numerosi, poi americani, orientali ,francesi, tedeschi ed europei del nord.
Abbiamo fatto incontri interessanti, appena dicevo che ero italiana, subito sorrisi e segni di apprezzamento.
Per molti secoli i pellegrini hanno percorso questo cammino verso la tomba dell’apostolo Giacomo che ha condiviso con lui tutta la sua sua vita pubblica.
Oggi chi cammina su queste strade ha forse motivazioni più laiche, meno religiose, ma ancora spirituali e in ogni caso è alla ricerca di una maggiore conoscenza di se stesso.
L’atmosfera è gioiosa. Mi ha colpito il saluto di un signore in carrozzina , accompagnato da tre amici. Sì, abbiamo incontrato parecchie carrozzine. Non si fa il cammino per penitenza, ma per gioia, ringraziamento, ricerca.
Abbiamo avuto alcuni incontri significativi: una messa dai padri comboniani a cui ha partecipato un liceo di Siviglia, ragazzi molto giovani, un coro di coreani in una chiesetta di un villaggio, padre Fabio, un prete romano che accoglie i pellegrini italiani già nella penultima tappa e poi in cattedrale a Santiago.
Il cammino termina davanti alla cattedrale e per noi l’ultima tappa è stata lunga e faticosa.
Santiago è una bellissima città, vivacissima non solo per i gruppi di pellegrini, ma anche per un’importante università che accoglie molti studenti stranieri.
Il ritiro della Compostella è un altro momento importante, come la messa in cattedrale dove vengono menzionati i gruppi di pellegrini arrivati nella giornata.
L’ultima chicca è stata Finisterrae, il punto più estremo dell’Europa sull’Oceano. Il tempo splendido ci ha permesso la camminata fino al faro con la sosta sulle rocce digradanti sul mare.E’ stato un momento intenso ed emozionante. Solo una piccola parte dei pellegrini arriva fino a qui a piedi (altri 90 km). Certo i più motivati.
Il viaggio che si compie breve o lungo che sia è un viaggio nel paesaggio, sulle strade, nei villaggi, tra la gente .Un viaggio al di fuori, ma anche al di dentro di sé. La vita quotidiana ci sembrava lontana e anche i soliti problemi personali sono stati collocati in una dimensione meno condizionata. Penso che ognuno di noi abbia trovato proprio lungo la strada la vera motivazione che lo ha spinto a partire per questa avventura.
Ognuno di noi è tornata arricchita dopo questa esperienza, ha scoperto qualche cosa di importante o di nascosto nella sua vita a cui non aveva mai pensato e la condivisione del quotidiano fra di noi con alcune difficoltà da risolvere insieme ha rafforzato la nostra disponibilità verso l’altro.
QUALCHE VOLTA NELLA NOSTRA VITA BASTA CAMBIARE PROSPETTIVA.
Marina Chiarmetta