Coronavirus: cinque percorsi dal tunnel alla luce (P. Arnaldo Pangrazzi)

Un nemico in casa

Il mondo è percorso da un piccolo virus che ha rapidamente attraversato le frontiere, incurante delle geografie, culture, colore della pelle, condizione sociale, appartenenza religiosa, devastando l’umanità più di quanto non l’abbia fatto la bomba atomica, le guerre mondiali, la caduta delle torri Gemelle, l’Isis…

Metà della popolazione mondiale è agli ”arresti domiciliari”, intere nazioni sono sottopose ad un lungo coprifuoco, le strade sono pattugliate dalle forze dell’ordine, gli stadi e i teatri chiusi, le scuole vuote, le chiese impedite di svolgere le funzioni religiose, i negozi serrati, i parchi deserti.

Questo invisibile nemico si annida nelle nicchie più impensate e, nella sua corsa irrefrenabile, ha messo in crisi i governi, bloccato i trasporti aerei e ferroviari, svuotato le autostrade, cancellato convegni e Olimpiadi, messo in ginocchio l’economia, fatto crollare le borse, colmato le pagine di necrologi, riempito di bare i  crematori, impedito ai familiari di dire addio ai propri cari, e ai morti di essere sepolti degnamente.

Ogni giorno i mezzi di comunicazione sociale danno il resoconto dei nuovi contagiati, dei guariti, dei decessi… è un bollettino di guerra!

Il protagonista di tutto, l’ospite di cui tutti parlano resta nascosto dietro le quinte, ma allo stesso tempo è attorno a noi e in mezzo a noi. La sua presenza invisibile domina la scena, disarma la scienza, frustra i politici, mortifica la chiesa, diffonde il panico nelle case di cura per anziani, costringe ad allestire in fretta e furia ospedali da campo, semina lutti nelle famiglie.

Si cerca di arginare il suo sconfinato potere chiedendo sacrifici alla popolazione, invitando i cittadini a rinunciare ai loro diritti, quali la libertà di movimento e la frequentazione sociale, per un bene più grande: tutelare la salute propria e altrui e contenere il contagio.

Ci si oppone ai suoi condizionamenti stimolando studenti e lavoratori a seguire le lezioni on-line o a lavorare attraverso l’utilizzo della tecnologia informatica.

Si invitano i cittadini alla massima collaborazione con le disposizioni impartite, all’uso delle mascherine, al frequente lavaggio delle mani, ad osservare le dovute distanze sociali.  Le parole d’ordine, ribadite dai mass media, sono “Restate a casa!”, “Uniti ce la faremo!”.

Uno scomodo alleato per un mondo rinnovato

In mezzo allo sconvolgimento operato dal Covid-19 a livello individuale, familiare, sociale, economico, nazionale e mondiale, ci sono messaggi e lezioni che questo ospite sgradito sta impartendo all’umanità. Le ferite inferte non sollecitano un atteggiamento di disperazione o rassegnazione, ma di sano confronto e apprendimento. All’ombra della devastazione e della morte si custodiscono gemme di rinascita, luci per il viaggio verso il futuro.

La fecondità di questo tsunami la sintetizzerei attorno a cinque voci, tutte con l’iniziale “S” come speranza, che illustro brevemente.

  1. In primis, la presenza del coronavirus ha messo al cuore dell’umanità il valore SALUTE per la cui difesa e tutela tutto il resto è passato in secondo ordine, dalla libertà personale all’economia, dallo sport ai contatti sociali. Il progetto salute si fonda, innanzitutto, sulla prevenzione e, nell’emergenza sanitaria attuale, questa comporta l’adesione alle disposizione emanate per contenere il contagio.

Alleati di fondamentale importanza in questa lotta contro il contagio sono i medici,  gli infermieri e tutti gli altri operatori sanitari impegnati in prima linea nel custodire la vita, in particolare nei reparti di terapia intensiva. L’impennata dell’emergenza ha costretto questi angeli dei nostri tempi a sottoporsi a turni massacranti e, talvolta, a perdere la propria vita per salvare quella altrui. Nella consapevolezza collettiva siamo passati dalla medicina dei miracoli alla medicina dei limiti. Più che mai ci si affida ai ricercatori, sperando che possano scoprire al più presto l’antidoto al virus.

  1. La seconda voce al centro dell’esperienza scatenata dal coronavirus riguarda un turbine di SENTIMENTI. Inizialmente si avvertiva un senso di incredulità e smarrimento, ascoltando le notizie che giungevano dalla Cina, però si era spettatori di qualcosa che accadeva lontano. Ma in poco tempo il nemico ha bussato alle nostre porte, è entrato nelle nostre case, si è portato via genitori, coniugi, fratelli, sorelle, talvolta figli oppure amici o colleghi di lavoro.

Il sentimento che domina la scena è la paura, da alcuni avvertita come comprensibile timore e preoccupazione che mantiene vigili e all’erta, da altri vissuta come ossessione o angoscia che paralizza. La paura ha tanti volti: c’è chi si inquieta se appena  inizia a tossire o registra qualche linea di febbre, chi teme di essere contagiato o di contagiare; chi si allarma per l’eventuale ospedalizzazione, chi è impaurito se deve entrare in terapia intensiva ed essere intubato, chi ha l’angoscia di morire.

La paura è l’emozione più antica nell’essere umano e la si gestisce attraverso la condivisione, l’utile informazione, la prudenza, il controllo di sé, l’esercizio fisico, la preghiera. Non la si può eliminare, ma occorre imparare a canalizzarla in modo costruttivo.

L’altro sentimento fortemente presente in questi giorni è la tristezza, dalla sua espressione più semplice legata al disappunto per rinunciare ai piccoli piaceri della vita, quali: camminare in un parco, abbracciare gli amici, uscire per una pizza, andare a teatro, fare le spese con comodità, alla rinuncia di poter visitare i propri figli o genitori, di svolgere il proprio lavoro, di partecipare alle funzioni religiose.

La tristezza diventa solitudine per le tante persone orfane di affetto nelle case di cura per anziani, nei centri per disabili, nelle case abitate dal silenzio e dalla vedovanza che qualche telefonata o messaggio di amici o volontari cerca di interrompere.

Un’espressione straziante della tristezza è legata al rammarico o al senso colpa per non poter stare accanto al proprio caro quando muore o all’assenza di ritualità e di sostegno comunitario nell’ultimo viaggio.

Con il passare delle settimane, la paura e la tristezza sono talvolta accompagnate dall’emergere di sentimenti di rabbia e aggressione sia nella vita coniugale che familiare per il prolungato isolamento, le crescenti tensioni, i limiti alla propria libertà di movimento.

La sfida, per tutti, consiste nell’educarsi a canalizzare positivamente le emozioni che emergono, consapevoli che non si è responsabili per la loro presenza, quanto per la loro gestione. La creatività e l’uso di approcci innovativi possono aiutare a orientare in modo costruttivo le energie emotive.

  1. La terza voce fatta emergere dal coronavirus è la SOLIDARIETA’, in altre parole il valore dell’appartenenza e della condivisione nelle sue diverse espressioni.

La solidarietà parte dai responsabili di governo e regionali che invitano i cittadini all’adesione alle direttive impartite per contrastare il contagio, formulano piani di azione per soccorrere famiglie e imprese, invocano la collaborazione internazionale per far fronte alla calamità.

La solidarietà ha il volto delle ambulanze, delle forze dell’ordine, della protezione civile e dell’esercito, tutti impegnati sulle strade e negli  aeroporti per assicurare il rispetto delle regole, isolare le zone rosse e realizzare strutture di emergenza sanitaria.

La solidarietà è rappresentata da un mosaico di specialisti: virologi, pneumologi, rianimatori, anestesisti, medici di base, infermiere, psicologi, cappellani e un’infinità di professionisti dediti ad alleviare la sofferenza umana.

Il valore della solidarietà trova espressione anche nell’umile servizio degli addetti alle pulizie, dei ristoratori, dei trasportatori di viveri e merci, degli impiegati ai supermercati e di quanti si adoperano per dare una mano nella crisi.

Inoltre, la solidarietà ha il volto di volontari che portano la spesa e i farmaci agli anziani, di quanti si mantengono in contatto via social con i disabili, di chi offre alloggi gratis agli operatori sanitari, di quanti offrono ascolto tramite i numeri verdi, di chi dona sangue o finanziamenti per sostenere l’acquisto di ventilatori e mascherine.

In modo più gioioso il sentimento di fratellanza si celebra dai balconi con persone che cantano o sventolano il tricolore, il passaggio delle frecce tricolori, l’intrattenimento offerto via social da artisti e cantanti, i video pesso conditi di un sano umorismo.

  1. La quarta voce scaturita dall’impatto con il virus è la SAGGEZZA.

Il terremoto che ha scombussolato il nostro stile di vita e le nostre certezze porta con sé il vento benefico di un’accresciuta introspezione e riflessione.

Oggi ci si muove di meno ma si fa più strada, si è meno onnipotenti e più umili, c’è meno menefreghismo e più responsabilità, meno esteriorità e più interiorità, meno chiasso e più silenzio, meno piaceri e più sacrificio, meno autoreferenzialità e più comunione, meno io e più Dio. Il coronavirus ha impartito lezioni scomode, ma fruttuose  a noi allievi della vita.

La tempesta ha messo un po’ d’ordine nella scala dei valori e quelli che prima erano al vertice di ogni considerazione e progetto, quali il profitto e l’economia, hanno a malincuore abbassato la testa e ceduto il passo alla vita, alla salute e alla solidarietà.

Inoltre, molte persone si sono poste quegli interrogativi che prima avevano evitato, riguardanti la provvisorietà dei beni e delle sicurezze, l’impotenza, la mortalità, le preoccupazioni per chi resta e il mistero di ciò che ci attende.

Allo stesso tempo l’isolamento imposto dalla legge inesorabile del virus ha permesso a molte persone di riposarsi, rigenerarsi e riorientare il proprio progetto di vita.  La famiglia ha acquistato un valore più forte ed è aumentato il tempo per stare insieme, conversare, giocare, inventare cose nuove, pulire la casa, sistemare il garage o il giardino.

Il tempo si è apparentemente fermato, ma in realtà si è trasformato in un’opportunità inaspettata per leggere, ascoltare musica, coltivare un hobby, esplorare potenzialità nascoste, prendere cura di sé, fare un lavoro d’introspezione.

Il digiuno dalle attività esterne e dalla corsa frenetica è servito a prendere atto dei limiti della scienza, dei limiti della vita, del valore della lentezza, dell’importanza di guardare le cose con occhi diversi, della risorsa della perseveranza nell’avversità.

  1. La quinta voce provocata dal virus è l’accresciuto bisogno di SPIRITUALITA’.

Il crollo del mito dell’onnipotenza, dell’autosufficienza, della scienza ha indotto una riflessione profonda sul tema della fragilità, sul senso del vivere e del morire, sulla propria missione nella vita, sulla presenza di Dio nelle vicende umane, sul valore della preghiera personale e comunitaria.

Da una parte, l’interruzione delle funzioni religiose per i credenti, in particolare dei riti funebri, ha mortificato gli spazi di conforto personale e di sostegno comunitario; dall’altra, i limiti imposti dall’emergenza hanno fatto germogliare in molti il desiderio di interiorità, il bisogno di fare meditazione, la riscoperta dell’importanza del silenzio, la consapevolezza dello sconfinato potere di ciò che è debole e può confondere i forti, l’affidamento a Dio e il colloquio con lui nel silenzio della propria dimora interiore.

La preghiera è stato il filo rosso che ha unito le persone, un’energia spirituale che ha legato l’umano e il divino, gli aiutati e gli aiutanti, i sani e i malati, i guariti e chi è in lutto.

Ognuno si è aggrappato a forme di preghiere che lo hanno aiutato a scoprire la misteriosa presenza divina che opera nei labirinti umani: dalle preghiere tradizionali del Padre Nostro, al Rosario, alle preghiere della propria tradizione familiare o culturale o all’orazione spontanea dettata dal cuore.

Una voce importante del vocabolario spirituale è la speranza, nelle sue diverse accezioni: dalla speranza di riprendere presto le abitudini di vita a quella di essere pazienti nell’attesa, dalla speranza di rendere fecondo il tempo libero a quella di valorizzare e celebrare ogni giorno, dalla speranza di sopportare le fastidiose intromissioni degli altri a quella dell’’unione spirituale con quanti hanno sofferto la perdita di un proprio caro, perché possano rimarginare le ferite.

La speranza è come il sangue: non si vede, ma scorre dentro ogni persona e la aiuta ad affrontare il presente e ad aprirsi con fiducia al futuro.

Alla scuola del coronavirus

Il Covid-19 continua ad essere un insegnate esigente, imparziale, severo; è sfuggente ma gigantesco, silenzioso ma fragoroso.

La catastrofe ha scardinato stili di vita, costretto alla quarantena paesi e comunità, alterato la stabilità familiare, sociale ed economica. Sono deserte le città sovraffollate di New York, Parigi, Londra; sono vuoti i Centri spirituali del mondo: Roma, Gerusalemme, La Mecca. Il cielo si è svuotato degli aerei, le ferrovie sono vuote, le piazze deserte.

All’ombra delle rovine disseminate un po’ ovunque, c’è l’appello a cogliere il valore di questa esperienza trasformativa per un cambio di rotta che ridisegni il futuro.

Ci sono indubbi benefici prodotti dalla crisi, tra cui: la diminuzione dello smog, un pianeta più pulito, meno morti per incidenti stradali, meno furti nella case, meno tradimenti nella vita di coppia, meno rumore per le strade… e, forse, più bambini in arrivo.

Le cinque voci illustrate (salute, sentimenti, solidarietà, saggezza, spiritualità) riassumono lezioni che il maestro covid-19 ha impartito stimolandoci a guardarci dentro e a guardare in alto.

Quanta luce ci sarà dopo il tunnel dipenderà dalle proprie scorte interiori, da quanta luce ognuno ha accumulato per affrontare il viaggio misterioso verso il domani.

arnaldo pangrazzi  m.i.