Case della Comunità

Prosegue il cammino verso la realizzazione delle Case della Comunità, infatti dopo mesi di lavoro, nei giorni scorsi, è stato trasmesso alle Regioni dal Ministero della Salute il decreto che definisce come dovranno essere organizzate e con quanto personale.

Ricordiamo che si tratta di strutture sanitarie che hanno il ruolo di promuovere la salute, fare prevenzione e creare rete con chi si occupa di salute, progettando interventi e fornendo servizi di carattere socio-sanitario; in esse prestano servizio medici di medicina generale, pediatri, ma anche specialisti, fisioterapisti, infermieri, assistenti sociali. Insomma uno strumento pensato per rafforzare la medicina sul territorio, risultata assai carente nell’affrontare la pandemia, andando incontro ai bisogni dei cittadini e favorendo un approccio multidisciplinare.

La Casa della comunità, come unico punto di accoglienza per i servizi sanitari e sociali, sviluppa e gestisce un database unico per ogni cittadino allo scopo di garantire pari opportunità e predisporre percorsi personalizzati; dovrà quindi costituire il punto di riferimento per tutti, ma in particolare per bambini, donne, persone anziane e fragili.

La figura chiave sarà l’infermiere di famiglia (previsto già dalla legge 34/2020, Titolo I art. 1, comma 5). Barbara Mangiacavalli, presidente della FNOPI (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche) a proposito di questa specializzazione, afferma: “L’infermiere di famiglia e comunità è un professionista responsabile dei processi infermieristici in ambito familiare e di comunità, con conoscenze e competenze specialistiche nelle cure primarie e sanità pubblica. Non è l’assistente di studio del medico di medicina generale, non è ‘assunto’ da questo, né toglie nulla delle prerogative di diagnosi e cura al medico di famiglia, ma è una figura professionale che insieme ad altre figure professionali forma la rete integrata territoriale, prende in carico in modo autonomo la famiglia, la collettività e il singolo”. (dalla rivista FNOPI)

Il Piano Nazionale prevede la realizzazione di 1288 Case della Comunità entro la metà del 2026 con la seguente distribuzione: Piemonte 93, Valle d’Aosta 3, Lombardia 216, PA Bolzano 11, PA Trento 12, Veneto 105, Friuli Venezia Giulia26, Liguria, 33, Emilia Romagna 95, Toscana 80, Umbria, 19, Marche 32, Lazio 125, Abruzzo 28, Molise 6, Campania 124, Puglia 86, Basilicata 12, Calabria 41, Sicilia 106, Sardegna 35.

Crediamo che nelle Case della Comunità, dove è già prevista la collocazione di sedi di associazioni di volontariato socio-sanitario, si possa trovare uno spazio ideale per il nostro servizio; per questo motivo la redazione del Nuovo Noi Insieme vuole approfondire il tema e supportare le AVO territoriali. Nella finalità di garantire a tutte le persone accoglienza, ascolto, riconoscimento della loro dignità e risposta alle specifiche esigenze attraverso l’attivazione di percorsi personalizzati e condivisi non si può non vedere una consonanza con i nostri valori e una occasione ideale non solo di svolgere la nostra mission all’interno della Casa della Comunità, ma di svilupparla a livello domiciliare grazie all’accompagnamento della persona fragile e alla collaborazione tra operatori istituzionali e famigliari. Davvero l’AVO troverà modo di essere riconosciuta come risorsa fondamentale per le persone fragili e per costruire quel Bene comune additato come fine essenziale dal nostro fondatore Erminio Longhini.

Annamaria Ragazzi e Loredana Pianta