Al tempo del Coronavirus (M. Chiarmetta)
Ricordo un ultimo week end in montagna, tanta neve, splendido sole, tanta gente, festeggiata per un compleanno con gli amici. Erano appena state chiuse le scuole e le amiche progettavano di rimanere in montagna con i nipoti.
Si parlava del virus in modo ancora distratto, delle chiusure ipotetiche, della situazione lombarda, poi tutto è precipitato.
Non volevamo crederci, la Cina ci sembrava ancora lontana e invece ci siamo ritrovati ingabbiati, reclusi, tutto chiuso, tutto fermo, anche i parchi e i giardini vietati. Propaganda serrata dappertutto “Io resto a casa”, “Andrà tutto bene”, messaggi e video martellanti sul telefonino e in tv.
Lontano dagli affetti familiari, tutte le nostre attività interrotte, i corsi, gli appuntamenti, la palestra, il caffè e il ristorante con gli amici, il cinema, il teatro e i concerti. Un disastro!
I primi giorni sono stati durissimi, nessuna programmazione del tempo, nessuna strategia, tutto da inventare in un gran disordine mentale e poi piano, piano ci siamo adattati, il lavoro e la scuola digitalizzati e la presa di coscienza per ognuno di dover accettare la dura realtà.
Molti volontari mi hanno inviato un report di questo tempo sospeso. Vorrei riportare qui le loro esperienze che ho molto apprezzato.
La prima cosa che salta agli occhi è la capacità di adattamento che tutti in qualche modo hanno trovato, chi programmando con accuratezza le attività della giornata, chi rifiutando ogni piano per seguire la casualità, dopo aver svolto le attività necessarie come le pulizie, il riordino, la cura dei fiori, la spesa.
Si sta a casa! Questo sembra l’imperativo per tutti.
Qualcuno ha la fortuna di vivere nel verde di un giardino e fuori città.
Allora i ritmi sono diversi, I gatti di casa diventano gli amici prediletti e le conversazioni si fanno continue, si perché anche i miagolii vanno interpretati.
I collegamenti con l’associazione sono presenti in modi diversi, soprattutto per chi ha incarichi istituzionali, e qui la tecnologia ha assunto un’impostazione non prevista con le piattaforme, le video chiamate, le telefonate, i messaggi anche con gli amici e i familiari.
L’attività motoria non sembra prevalere, solo qualcuno segue lezioni di ginnastica o yoga in video o fai da te.
Molti si sentono insicuri quando escono di casa, se possono mandano un familiare anche a fare la spesa, cercano se possibile la natura con le piante, la bellezza dei fiori che in questa primavera speciale sembra volerci forse consolare.
All’inizio, con la scusa di eliminare l’inutile, c’è stata la revisione di vecchi documenti, scritti personali mai rivisti, relazioni dimenticate, vecchie foto
un po’ scolorite. Appare però difficile eliminare, staccarsi da fogli scritti che in qualche modo ti collegano a momenti di vita perduti, ma che improvvisamente tornano presenti e importanti.
E poi c’è la lettura: si leggono libri ancora intatti di argomenti che ora ci sembrano molto interessanti, si termina la lettura di alcuni che era stata interrotta perché c’era sempre poco tempo.
Si seguono video conferenze degli autori preferiti, si sente molto la radio e poco la televisione perché le notizie sembrano non variare mai e mettono ansia quando è ancora difficile vedere l’uscita dal tunnel.
La preghiera per qualcuno è una pratica quotidiana, per qualcun altro è faticosa e il percorso spirituale è pieno di inciampi. Ci si sente smarriti, pieni di incertezze, talvolta spaventati, ma sempre pieni di coraggio, di un desiderio forte di arrivare a superare questa comune tragedia anche con l’aiuto di Dio.
C’è poi la cucina e qui le appassionate danno il meglio ma molte persone, anche sole si realizzano e sperimentano nuove ricette anche con l’aiuto di Internet .Chi vive in famiglia poi trova un habitat perfetto cercando di non dimenticare l’aumento delle calorie. Non bisogna ammalarsi, avere degli infortuni, insomma l’ospedale deve rimanere lontano e inaccessibile.
La lontananza dagli affetti familiari è difficile da reggere, specie quando ci sono nipoti grandi e piccoli, anche se le video chiamate sono un surrogato accettabile.
Nessuno vuole arrendersi alla paura, agli egoismi personali e rimanere chiuso nella propria individualità.
Tutti hanno riscoperto il valore fondante della comunità e non sentono di appartenere solo a se stessi. Siamo singolari e plurali, singolari per la personalità di ciascuno che è unica e plurali per la relazione con gli altri, chi ci circonda oggi e coloro che verranno dopo di noi.
Nessuno ha intenzione di arrendersi.
Non si sa se saremo migliori, sicuramente saremo diversi.
Marina Chiarmetta