Premio Noi Insieme 2022 – I racconti vincitori

 

Sabato 28 maggio 2022, durante il XXII Convegno Nazionale AVO, sono stati assegnati i premi del concorso “Premio Noi Insieme 2022” destinato al miglior racconto e alla migliore poesia sul tema “Orizzonti”.

Oggi vi proponiamo i racconti vincitori:

Premio Noi Insieme 2022 – Sezione Racconti
1° posto: AVO ALBENGA – “Teresa e l’arcobaleno” di Luisa Serra
2° posto: AVO EMILIA ROMAGNA – “Tra granelli di sabbia e nuovi orizzonti” di Marisa Monticelli
3° posto: AVO TORINO – “Il cavaliere del tempo” di Eugenia Berardo

 

TERESA E L’ARCOBALENO (di Luisa Serra – AVO Albenga)

Sette del mattino. Il suono insistente della sveglia la fece sobbalzare, interrompendo il flusso continuo dei suoi pensieri. Teresa si alzò, affrontò le solite incombenze del primo mattino tra il bagno e la cucina e infine uscì per recarsi al centro vaccinale.

Le facce degli indaffarati passanti, non più nascoste dalla mascherina, le diedero un immediato sollievo, nonostante i volti fossero ancora assonnati e irrigiditi nel solito mugugno. Si era sempre domandata il perché di quell’insoddisfazione esistenziale. Tralasciando Freud ma  ricorrendo solo all’esperienza personale, Teresa pensò che il “male di vivere” doveva risalire ad epoche in cui la durezza della vita sulla costa riarsa dal sole e battuta dai marosi non offriva molte occasioni alla giovialità. Forse anche gli altri, come lei, si stavano domandando il senso di quel correre continuo, di quell’affannarsi inesausto; il senso della vita, appunto.

Teresa tornò con la mente all’epigrafe di George Gray nell’Antologia di Spoon River; ecco cosa s’impara lottando giorno dopo giorno:” …che si deve innalzare la vela ed afferrare i venti del destino dovunque sospingano la barca”. Metafora azzeccata, pensò, e mai come oggi la barca appare in balia dei venti…

In pochi passi Teresa arrivò al centro vaccinale, una struttura sportiva che ha cambiato la sua funzione in seguito alla pandemia. Un mondo nuovo per lei.

Già in lontananza sentì un brusio operoso che ricordava un alveare. Nonostante la mattinata fosse appena cominciata, dentro ferveva l’attività di medici, infermieri, volontari…, tutti con la stessa parola d’ordine: aiutare. Aiutare ad uscire dalla paura, dall’angoscia, dalla desolazione che il Covid 19 ha portato con sé. Vide subito che il flusso dei vaccinandi aveva rallentato la sua corsa rispetto alle settimane precedenti, ma le aspettative dei presenti non erano scemate: chi aveva fretta di correre al lavoro, chi aveva lasciato i figli alla vicina ed era impensierito, chi sbandierava la prenotazione e pretendeva di saltare la coda… Tutti con il proprio nodo in gola, come lei. Teresa si volse verso le colleghe volontarie e il “groep” (il nodo) si sciolse: svolgevano il loro incarico serenamente, senza lasciarsi abbattere dalle risposte piccate e a volte maleducate ( chi sa se volontariamente) di chi stava per ricevere il vaccino.

Vide solo cortesia e disponibilità da parte del personale, per tutti un sorriso (anche gli occhi sorridono…) , un attimo di ascolto: perché aiutare le persone significa soprattutto questo, saperle ascoltare con il cuore e non soltanto con le orecchie.

Quanti stranieri – pensò – quante persone sradicate dalla loro terra d’origine…E quante ancora ne arriveranno! La diminuzione progressiva dei vaccinandi indica uno spiraglio verso la salvezza, proprio mentre assistiamo impotenti alla diaspora del popolo ucraino? Chi si occupa dei feriti e dei malati nelle zone devastate? Virus o bombardamenti? O entrambi? Cos’è peggio?

Non sappiamo quello che ci aspetta, ma la consapevolezza che nel corso della storia l’umanità ha conosciuto crisi anche più gravi di quella odierna, che hanno messo a rischio la sua stessa sopravvivenza e da cui è uscita più forte di prima, ci autorizza a pensare che insieme possiamo farcela. Niente ci impedisce di credere che il peggio sia alle nostre spalle, se saremo vicini gli uni agli altri. Come magistralmente ha scritto Jorge Luis Borges: “ Non sai bene se la vita è viaggio, se è sogno, se è attesa, se è un piano che si svolge giorno dopo giorno e non te ne accorgi se non guardando all’indietro. Non sai se ha senso. In certi momenti il senso non conta. Contano i legami”. Coltivare i legami è e sarà sempre lo scopo del volontariato, contro le nuove sfide che affronteremo una dopo l’altra, rialzandoci sempre dopo le batoste. E’ come un arcobaleno: si tratta solo di un gioco di luce su gocce microscopiche di pioggia, non sempre lo notiamo ma c’è, dobbiamo solo alzare gli occhi.

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TRA GRANELLI DI SABBIA E NUOVI ORIZZONTI (di Marisa Monticelli – AVO Emilia-Romagna)

C’era una volta, in un tempo non tanto lontano, EmiliaR, una piccola ma tenace ostrica dell’Adriatico, che abitava con le Sorelle sullo scoglio più a sud, proprio dove le acque del Grande Fiume incontrano la risacca del Mare.

Su quel Grande Scoglio, EmiliaR è cresciuta ascoltando i racconti degli Antenati, sussurrati dal vento nelle notti di luna: leggende di come era iniziato il loro Mondo su quella sporgenza, della loro Comunità di ostriche sempre pronte a donare aiuto ai pesci bisognosi e sorrisi di incoraggiamento alle conchiglie viandanti del mare, in cerca di nuove spiagge su cui approdare.

Su quel Grande Scoglio, EmiliaR ha imparato quanto sia importante stare ancorati alla roccia… ma sempre con lo Sguardo oltre il Cielo, che nelle giornate terse è così ricco di colori da togliere il fiato… ma soprattutto ha capito che solo restando vicina alle Sorelle, condividendo il nutrimento del Mare e il tepore del Sole, avrebbe potuto sconfiggere anche la più grande tempesta.

Scorre così, tranquilla e serena, la vita di EmiliaR.

Ma in una notte gelida di inverno il vento sussurra alle onde… su uno scoglio lontano, al di là del mare, è giunta la TremendaTempesta che lo ha distrutto, flagellando le conchiglie e mandandole in frantumi. Nessuna di loro si è salvata.

Un terribile presentimento assale EmiliaR e le sue Sorelle, ma la più anziana dello scoglio desidera rassicurarle: la voce delle onde parla di un posto lontano, che solo il mare ed i gabbiani hanno visto. Loro non hanno nulla da temere, nulla sarebbe accaduto.

Eppure… Una mattina fredda e con il cielo plumbeo inzia a soffiare un vento forte, il mare si agita e inizia a sferzare con onde gigantesche lo scoglio. EmiliaR e le sorelle sono terrorizzate: mai nella loro vita avevano assistito ad una tempesta così forte!

La TremendaTempesta prosegue per giorni e giorni, settimane e settimane. A volte sembra placarsi e ritorna un pallido sole a rischiarare lo scoglio, ma poi il vento e la pioggia riprendono più forti di prima… Durante l’assedio della TremendaTempesta alcune delle Sorelle cadono in acqua, scomparendo mentre altre vengono frantumate dal vento contro la roccia. Su quel GrandeScoglio rimane solo EmiliaR, senza quasi più forza per tenersi ancorata e auspicare la salvezza, spietatamente ferita da un granello di sabbia che è riuscito ad intrufolarsi nella sua conchiglia e che le provoca atroci sofferenze e un dolore senza tregua.

Ma EmiliaR non vuole arrendersi: sente dentro di sé la forza degli Antenati e l’Amore degli abitanti del Mare, che ha aiutato con fiducia e passione nella sua vita, prima che giungesse la TremendaTempesta.

E sola attende, su quel GrandeScoglio. Attende ancora e ancora, fino a che la tempesta diviene temporale e poi pioggia lieve.

Resiste al Dolore provocato dal granello di sabbia che, con il passare dei giorni, diviene sempre più sordo fino ad essere parte di sé.

E quando la pioggia si esaurisce EmiliaR chiude gli occhi e si concede un sonno per lenire il dolore che da mesi la tormenta. Sogna il suo GrandeScoglio e le Sorelle, sente la loro voce sussurrare tra le onde e un gran senso di pace la pervade…

Cullata da quei dolci sogni e dallo sciabordio del mare, trova il Coraggio di aprire il suo guscio ai primi raggi del Sole, scoprendo così che quel granello di sabbia che tanto le aveva causato Dolore… è divenuto una magnifica e rilucente Perla.

EmiliaR comprende allora che tutto quel Dolore, tutta quella Incertezza non sono stati vani: l’hanno resa capace di (ac)cogliere dentro di sé, tra i racconti degli Antenati e la storia della TremendaTempesta, questa magnifica Perla che altro non è che la sua ferita cicatrizzata, pronta ora a brillare sotto Nuovi Orizzonti tra il Cielo, il Mare e gli Sguardi di un integro di Futuro.

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I CAVALIERI DEL TEMPO (di Eugenia Berardo – AVO Torino)

È un giovedì pomeriggio. Seduta in poltrona sto leggendo “La misura del tempo” di Gianrico Carofiglio, uno dei miei autori preferiti. Sono distratta, non riesco a concentrarmi.
Un leggero vento caldo soffia sul mio viso, mentre all’orecchio mi giunge un fragore di zoccoli sull’asfalto e una flebile voce:

 «Beh, non mi vedi? Sono proprio qui dinanzi ai tuoi occhi. Se mi degni di uno sguardo meno distratto mi puoi facilmente riconoscere, perché mi hai già vissuto: sono il Passato.
Mi rendo conto quanto la mia visita inaspettata sia poco gradevole, soprattutto per questo mio presentarmi… a ritroso, partendo dalle ultime puntate. 
So di essere stato particolarmente crudele: pandemie, invasioni, guerre, migrazioni, oltre alle permanenti ingiustizie sociali. È anche vero però che ho procurato cose buone: conquiste scientifiche, realizzazioni tecnologiche, benessere sociale. Ma nel bene e nel male devo condividere la responsabilità degli eventi con gli uomini che ne sono di solito i promotori. Non puoi cambiarmi, puoi però considerarmi un tuo maestro».

«Caro Passato, ti do il “benvenuto!”. La tua visita mi spinge a ripercorrere il tempo trascorso con la mente e con il cuore. Prima di tutto devo ringraziare per aver avuto la possibilità di viverti. Custodisco nel cuore la mia storia e anche quella di tutte le persone che ho incontrato, con le quali ho condiviso momenti di gioia e frangenti di dolore. Ripenso a chi ho conosciuto in ospedale, nei quasi 25 anni di servizio AVO. Conservo gelosamente i libri che ho letto, attraverso i quali ho avuto l’impressione di vivere più di una sola vita. Ogni esperienza mi ha insegnato qualcosa e mi ha aiutato a capire chi sono.  Sai bene che la pandemia ha causato lutti e smarrimento. Ci ha imposto pesanti digiuni affettivi.  Penso con dolore alla solitudine subita da malati e anziani.
Un periodo della nostra vita simile a un viaggio faticoso, perché abbiamo riempito la valigia non del leggero necessaire per il nostro benessere, ma del peso della responsabilità. Se saremo capaci di mantenere questa dirittura, dobbiamo essere grati a te che hai evidenziato, col rosso e il blu della tua magica matita, gli errori da evitare e gli atteggiamenti da tenere».
Ora sento soffiare alle mie spalle un refolo d’aria fredda e, nel fragore di zoccoli scalpitanti sull’asfalto, un delicato sussurro mi giunge all’orecchio:

 «Non spaventarti, sono io, il Futuro. Sono venuto solo a dirti che il mio compito sta per cominciare e che saremo coinvolti nelle stesse vicende, spero per tantissimi giorni. Ma ora ti saluto, devo proprio andare: il mondo mi attende».

«Aspetta, Futuro, ti prego, non andartene: vorrei capire, vorrei chiederti, vorrei sapere cosa potremo fare, quali prospettive ci saranno. I problemi sono tanti: il lavoro, la salute, le guerre, la povertà».

 «Non farmi domande, non posso risponderti, non posso rivelarti nulla. Se ci saranno nuove sfide, nuove opportunità, nuove conquiste… lo saprai».

Per quanto mi sforzi di trattenerlo, vedo solo un’ombra. Il futuro ancora non mi appartiene.  Posso solo immaginarlo, posso sognarlo.

Infine sento il tocco di una mano sulla spalla e, nel fragore di zoccoli scalpitanti sull’asfalto, odo chiara una voce:

 «Ciao, sono il Presente. Io non ti chiedo ricordi, non t’impongo attese, ti offro solo il tempo per vivere. Ti chiedo vie nuove e nuove idee.  Ti chiedo di pensare e di agire per il bene comune. T’invito a guardare verso un orizzonte fatto di sfide cui tu puoi dare il tuo contributo. E se è vero che “niente sarà più come prima”, è l’oggi che fa la differenza, è l’oggi che getta le basi per il cambiamento di domani. Pensaci, per i tuoi cari, per la tua vita, per il tuo prossimo. Abbi fiducia nel Presente, ricordando le esperienze del Passato e coltivando i sogni per il Futuro».

 Tutto è dono. Anche la visita inaspettata dei tre Cavalieri del Tempo in un giovedì pomeriggio. Chissà, forse attirati dal titolo del libro che ho sulle ginocchia.

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